“SIAMO DITTATORI DI NOI STESSI…”

 

Per capire a che livello di barbarie ci siamo ridotti dopo due anni di regime pandemico, dobbiamo pazientemente leggere un lungo post che circola da qualche giorno su fb, si tratta di una testimonianza diretta di un giornalista della nuovabq.it, che peraltro ora pubblicata sul giornale online, (Sul Treno. “Gli Spietati”, 22.2.22, Lanuovabussola.it) un episodio veramente raccapricciante, che vale la pena raccontarlo. L’episodio è successo sul treno “Frecciarossa” del pomeriggio per Salerno due viaggiatori discutono, uno dei due non ha la mascherina. Secondo la testimonianza, si tratta di un signore che ha problemi, comunque è una persona che soffre: lento nelle parole e nei movimenti, un po’ confuso. Il vicino lo rimbrotta con fare da kapò: «Scusi, si metta la mascherina». La risposta dell’incauto non si fa attendere: «Ho un’esenzione». Ora, in un mondo normale, dove c’è ancora chi crede nell’intima bontà dell’uomo si sarebbe lasciato correre, d’altra parte l’umanità sono 4000 anni che va avanti senza mascherina alla bocca. Ma non nel mondo post pandemico dove tutto si gioca sul sospetto che l’altro sia un untore o un approfittatore.

A questo punto il “kapò” si alza e si dirige verso il capotreno e la invita a controllare il poveretto che era ancora al telefono. La capotreno senza tanti fronzoli, urla all’uomo di mettersi la mascherina, lui risponde di nuovo che ha con sé un’esenzione. Ma la capotreno è inflessibile, «Si alzi», gli intima la mandarina. Lui accenna qualche tentativo di resistenza: «Si alzi». Così deve terminare la telefonata con la moglie. Nel frattempo, in carrozza c’è brusio e fastidio. Qualcuno scuote la testa, qualcun altro parla a mezza voce e lo invita a fare presto perché sta disturbando il quieto vivere. La capotreno verifica la regolarità dell’esenzione. Tutto a posto. Ma non è finita.

«Mi mostri il green pass». Quanto segue è un misto di burocrazia, disguidi, pastrocchi amministrativi e cose che non è dato sapere, fatto sta che si scopre che l’uomo proveniva dalla Svizzera, forse è residente colà e aveva con sé un green pass che non si sa per quale ragione non andasse bene qua, ma appena prima andava bene. Ora, non ho ben capito se il green pass non andava bene per l’Italia o non andava bene in generale, quel che è certo è che l’uomo continuava a ripetere che alla frontiera la Guardia di Finanza italiana gliel’aveva controllato e andava bene. Solo che a Milano, chissà perché, non andava più bene.

Per farla breve: l’uomo ha indispettito con i suoi reclami insistenti tutta la carrozza, la gente lo ha invitato a scendere e a vergognarsi, non si capisce di che cosa. Lui, sempre più in difficoltà, sofferente e braccato, ha sfidato la carrozza e quando la capotreno gli ha annunciato che sarebbe dovuto scendere alla prossima fermata, Reggio Emilia…

Qualche urlo, “se ne vada”; “si vergogni”; “se tutti facessero come lei”; “Lei ci infetta tutti”. Tutto ciò è apparso molto miserabile, da tutti i lati, anche tenuto conto di un possibile punto di ragione solamente normativo. Ma spesso – e in questa pandemia molto spesso – le norme non coincidono né col buon senso né con la comprensione. Nell’economia di un treno di migliaia di persone che differenza fa se una persona, per motivi che possono essere i più svariati e i più strambi, non ha con sé la mascherina o il green pass giusto? Qualcuno è disposto a credere che la trasmissione di un virus ormai ridicolmente innocuo possa dipendere da un unico frontaliero dello spread virale?

La verità è che la rabbia mostrata da questa gente, cieca e insensata, non è dettata da motivi medici. Su quel treno nessuno ormai credeva più che la mascherina servisse a qualcosa e il green pass ci garantisse un’immunità. A scatenare la rabbia è stato piuttosto il vedere che c’è qualcuno che fa diverso dagli altri e che, per necessità o per ignoranza, non si adegua, facendo così ricordare a tutti gli altri di essere delle pecore belanti.

Naturalmente il malcapitato a Reggio Emilia è stato preso in custodia da due agenti di polizia, opportunamente allertati dal capotreno, erano pronti con millimetrica precisione appena dietro la linea gialla. L’uomo è stato consegnato come un lestofante agli agenti. La capotreno, soddisfatta, consultava il suo fischietto, a bordo, la torma vociante, soddisfatta dopo la corrida, guardava con cinismo il poveretto alle prese con la forza pubblica. Avrei voluto esprimergli la mia solidarietà, ma gli agenti me l’hanno impedito.

Dovevamo uscirne migliori, ne siamo usciti spietati.

 

A cura di Domenico Bonvegna.

 

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