LA FINE DELLA “CRISTIANITA'” EUROPEA. NASCE UNA “NUOVA CRISTIANITA'”?

Mentre seguo in diretta televisiva l’agonia della cattedrale di Notre Dame de Paris…mi sento di pubblicare questo significativo mio intervento di qualche anno fa…

LA CRISTIANITA’ E’ FINITA, L’EUROPA NON CREDE PIU’…NASCERÀ’ UNA NUOVA CRISTIANITA’? QUANTO TEMPO CI VORRA’? .

Si ha la sensazione che stiamo vivendo la fine di un’epoca, di un mondo, per qualcuno addirittura siamo alla fine “del” mondo, ma sarà vero? O piuttosto siamo alla fine di “un” mondo, come sostiene il fondatore di Alleanza Cattolica, Giovanni Cantoni, che peraltro da molto tempo ripete a mò di slogan, che “la nonna è morta”, alludendo con ciò alla fine della Cristianità occidentale. C’è anche un’altra immagine che Cantoni usa per l’Europa, ed è quella della “balena morta, spiaggiata ormai morta”.

Il processo che segue, quello della decomposizione, è ovviamente molto lungo.“Questa è la situazione che noi stiamo vivendo oggi. La cristianità è finita. Quanto tempo ci vorrà perché la sua dissoluzione si compia definitivamente? Non lo possiamo sapere con precisione. Ma la nostra situazione è simile a quella di coloro che assistono alla morte e alla decomposizione della balena spiaggiata. Una situazione sgradevole soprattutto nel momento in cui si incominciano a sentire i miasmi fetidi della putrefazione del cadavere dell’enorme animale”.(Pietro Cantoni, Riflessioni su “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione” e la situazione attuale, in Cristianità, n. 379, genn-marzo 2016).
E visto che stiamo vivendo dei momenti storici forti, probabilmente anche momenti di transizione, periodi “vuoti”, dove per gli storici delle civiltà esplodono grandi crisi, guerre, scomparse di Stati, frazionamento d’imperi, rivoluzioni, sconvolgimenti sociali, anarchia, tutti elementi che vengono a inserirsi tra due epoche, quella che muore e quella che nasce.

Proprio in questo momento dove i popoli si sradicano e si rimettono in movimento e dove la curva della civiltà si flette, e ricompare la barbarie e le forze primitive, può essere utile leggere, le riflessioni di uno di questi storici delle civiltà, come lo svizzero Gonzague de Reynold, poco conosciuto in Italia, anche perchè le sue opere non sono state tradotte. Recentemente a pubblicare una raccolta di conferenze, lezioni e articoli di Reynold, curati da Giovanni Cantoni, ci ha pensato la casa editrice D’Ettoris editori di Crotone, il titolo dell’opera è abbastanza significativo: “La casa Europa. Costruzione, unità, dramma e necessità”. (2015).

Cantoni da mezzo secolo cita a voce, in conversazioni private e in pubbliche conferenze, e per iscritto in articoli su Cristianità, il pensatore e politico svizzero che meriterebbe di essere conosciuto dalla nostra cultura, a cominciare dalle nostre università.
Reynold è convinto che la nostra civiltà sta scomparendo, quindi è molto utile conoscere come si è costruita e perchè sta scomparendo l’Europa. Infatti nella prima parte dell’opera, lo storico svizzero racconta La costruzione della casa Europa.
Reynold da grandi lezioni di Storia di alta qualità: “possiamo vedere dove andiamo solo se abbiamo imparato da dove veniamo”. Reynold era convinto che lo storico avesse una missione e che il passato servisse come “un arsenale a uso della politica”, ma nello stesso tempo era consapevole che lo storico spesso non veniva ascoltato, a questo proposito citava un suo connazionale, Alexandre [Rodolphe] Vinet [1797- 1847], che riconosceva nello storico una malinconica missione: “[…] egli ha una sua visone generale dell’avvenire […]. Ma la sua parola è spesso triste […]; costretto a profetizzare, getta agli uomini preziose verità, gravi avvertimenti, da cui sente interiormente che non ne trarranno profitto; dispensa tesori di saggezza speculativa e pratica per ottenerne pochi frutti, e prepara alle nazioni, per i loro momenti inevitabili di rimpianto e di pentimento, la malinconica soddisfazione di riconoscere che quanto è a esse accaduto era loro predetto”. Nel mio piccolo ho sperimentato che è faticoso trasmettere a certi “politici” l’importanza del messaggio storico, imprescindibile per una buona politica.

Infatti l’aforisma:“Chi sbaglia storia sbaglia politica”, ha una validità incredibile.

Per leggere gli scritti di Reynold occorre munirsi di una carta geografica, di un planisfero, così si riesce accuratamente a disegnare i tratti caratteristici del nostro continente e soprattutto le varie fasi su come è stata costruita l’Europa. A partire da Strabone, geografo e storico greco, rileva che l’Europa era un concentrato di equilibrio e di armonia, di unità nella diversità. Un territorio con predisposizione naturale al federalismo, proprio perchè ogni gruppo umano vi s’istalli, vi si radichi e vi sviluppi la propria cultura.“L’Europa, dal solo punto di vista geografico, si presenta ai nostri occhi nella forma di un sistema di relazioni”.
Il terzo carattere dell’Europa per Gonzague de Reynold è la presenza della montagna e del mare. Tuttavia, la dominante è marittima, tra l’altro, l’Europa “è la parte del mondo con lo sviluppo più considerevole di coste. Ne deriva – scrive Reynold – che nessun paese, neppure la Svizzera, si trovi lontano dal mare…”
L’Europa è una penisola dell’Asia, secondo gli geografi, “il mare l’ha staccata dall’Asia, orientandola verso ovest, per fargli scoprire il Nuovo Mondo, quindi, “l’ha portata verso l’egemonia del globo, l’ha infine preparata a essere la fonte di luce irradiante della civiltà universale”.

L’Europa ha dalla sua parte anche il clima, umido e temperato a causa del mare[…]Ne deriva che la terra europea è, di tutte le terre, la più favorevole alla vita umana e di conseguenza allo sviluppo di una civiltà superiore”. Inoltre è “la terra dell’uomo e della civiltà, l’Europa è anche il luogo dello spirito”. Qualche geografo la vedeva addirittura come “il capolavoro artistico della creazione”.

Dopo aver elencato i vantaggi naturali dell’Europa, Reynold coglie le debolezze. Per fare questo lo storico svizzero suggerisce di “stendere davanti a sé il planisfero”. Ribadendo ancora una volta la posizione privilegiata dell’Europa, intesa come “il focolaio generatore della sola civiltà che si sia rivelata capace di essere universale”. Questa stessa posizione però è generatrice di pericoli.

L’Europa,“che non ha le dimensioni di un continente[…]si trova tutta presa fra due masse continentali che minacciano incessantemente di schiacciarla”. In pratica, scrive Gonzague de Reynold, “l’Europa è la parte del mondo nella quale il maggior numero di popoli diversi si trovano riuniti e racchiusi nello spazio più ristretto. Il che la vota alla guerra e all’immigrazione”. Per questo motivo, lo storico traccia un “carattere drammatico della sua storia”.

Quella di Reynold è una splendida e lunga meditazione sulla geografia dell’Europa per poi passare dalla“terra alla storia”, per entrare nella casa Europa appunto. I mari chiusi come quelli che bagnano l’Europa per lo storico svizzero,“sono centri di relazioni e di scambi, bacini fecondatori di civiltà”.

Il Mediterraneo è il prototipo del mare chiuso. Peraltro “è il solo a essere assolutamente chiuso, dal momento che questo mare internum comunica con il mare externum, l’Oceano…” Sostanzialmente in questo ambiente, di mare e di isole, in questo clima mediterraneo si vive bene. Infatti è comprensibile che il Mediterraneo abbia esercitato fin dalla preistoria la sua attrazione sui popoli anche più distanti dalla sua riva. Pertanto senza possibilità di essere smentiti il Mediterraneo è il luogo della Storia, “la sua forza unitiva ha imposto a tutti i popoli che venivano a stabilirsi sui suoi bordi o nelle sue isole uno stesso modo di vivere, una stessa civiltà e uno stesso tipo riconoscibile in tutte le differenze, in tutti i contrasti e in tutte le opposizioni”. Praticamente tutti gli imperi, eccetto la Cina,“hanno fatto galleggiare i propri stendardi sul Mediterraneo”.
A questo punto il testo del nostro autore delinea magistralmente gli incontri e gli urti dei mondi antichi intorno al Mediterraneo, cominciando dall’Ellade, la Proto-Europa.

LA CASA EUROPA COSTRUITA DALLA FORZA DEL CRISTIANESIMO.

Leggere il libro di Gonzague de Reynold, “La casa Europa. Costruzione, unità, dramma e necessità”, è piacevole perchè scritto veramente bene, un testo che riesce mirabilmente a descrivere con grandi quadri geografici la storia della costruzione della Casa Europa. Una storia straordinaria che dovrebbero attentamente leggere e studiare gli studenti dei nostri licei.

L’apporto greco alla Casa Europa.

Lo storico svizzero dopo aver esplorato le fondamenta preistoriche della nostra casa europea, risale alla luce del piano terra greco.”Vi troveremo – scrive Reynold – come nelle vaste sale di un museo, la prima grande forma, la forma modello della nostra civiltà europea”. La civiltà ellenica, nata da due forze, quella barbara degli Achei e da quella vecchia, la civiltà asiatico-mediterranea.

Qui Reynold nel descrivere l’apporto greco, si limita all’essenziale,“ciò che l’Europa le deve, ciò che noi le dobbiamo e ciò che rischiamo di perdere, è l’affermazione del valore della persona”. Mentre per Reynold, nella massa asiatica, governata da Stati totalitari e burocratici, la persona umana non è riuscita mai ad emanciparsi, peraltro anche presso gli barbari, dove primeggia il clan. Mentre nelle città greche, la persona umana riusciva a liberarsi, anche perchè l’umanità è poco numerosa.

Il pensatore svizzero sottolinea la grande importanza dell’eredità del valore educativo greco e perentoriamente afferma che “i popoli europei hanno raggiunto la civiltà soltanto passando per l’insegnamento classico; coloro ai quali è mancato non hanno svolto o non svolgono alcun ruolo nel mondo delle idee”.

L’impero mediterraneo dei Romani.

Dal piano terra passiamo al primo piano, e siamo ai Romani che hanno ereditato dai Greci, la coscienza dell’Europa. Anche se i romani non hanno costruito un impero europeo, ma soltanto un impero mediterraneo.

Tuttavia,“se avessero conosciuto meglio la geografia, sarebbero certamente riusciti”, in particolare quando fronteggiavano i germani.“Il fallimento dei Romani in Germania fu per loro, per i Germani, per noi stessi, una disgrazia”. Reynold si avvale della straordinaria descrizione che fa del territorio europeo il padre della geografia, il greco Strabone, che ha riconosciuto per primo i vantaggi naturali dell’Europa, la sua penetrazione nel mare e il suo clima. Infatti per Strabone, “l’Europa è la terra dell’uomo, il continente dello spirito: è soprattutto una unità”.

Il secondo piano della Casa europea: i barbari.

Continuando con la metafora della costruzione della casa, Reynold si appresta a salire al secondo e ultimo piano della nostra casa europea: è il piano dei barbari. Intanto lo storico delle civiltà svizzero, ci tiene a precisare che il termine “barbaro” non deve essere preso in senso morale, peggiorativo, ma in senso storico”, sia presso i Greci che poi presso i Romani, designa l’estraneo al mondo antico, colui che parla una lingua indistinta e non compresa. Comunque sia il barbaro, “non è né un essere incolto, né un uomo nuovo. Il barbaro ha alle spalle un lunghissimo passato[…]”. Certamente ha la sua cultura, ma non ancora la civiltà, questa appartiene all’impero romano, il prototipo dello Stato organizzato, mentre i barbari, ancora sono incapaci di innalzarsi all’idea di Stato, formano soltanto clan, tribù. Una cosa è certa, “il barbaro è il vicino immediato della civiltà, che sarà il civilizzato di domani, ma che può essere il civilizzato di ieri”.

La Romania e il Barbaricum.

In quest’epoca della storia si trovano di fronte il mondo antico e il mondo nordico, una Romania e un Barbaricum. Erano due mondi che certamente avevano già avuto relazioni in passato, garantita attraverso i grandi fiumi europei. Naturalmente qui Reynold come al solito descrive i territori di questi due mondi con quadri appropriati, è un piacere leggere il testo.

Di sicuro questi due mondi, l’antico e il mondo nordico erano spinti l’uno verso l’altro. Era normale che i Celti e i Germani si riversassero verso il sud, il mondo mediterraneo, l’impero. Da parte sua, l’impero romano cercava di estendersi verso il Nord. Era proprio la natura che portava all’”imperium Romanum la missione di portare ai barbari la civiltà mediterranea: una riunione della civiltà antica e della giovane forza. Ne era uscita la Grecia, ne era uscita Roma stessa: ne uscirà questa volta l’Europa”.

Del resto l’impero stesso “aveva chiamato a sé i Barbari, i Germani. Fin dalla seconda metà del secolo III i Romani ne fanno dei soldati. E ben presto, “i Germani formano la gran parte delle armate romane”.Così alla fine i Germani si trovarono padroni dell’imperium.

La Chiesa, i monaci hanno salvato il mondo antico.

Così come è stato per gli Elleni e per i Romani, anche i popoli nordici hanno contribuito alla formazione dell’Europa. Soprattutto i Celti, che possedevano una loro spiritualità non lontana da quella cristiana. “Il successo che san Patrizio (385-461) – scrive Reynold – guadagnò in Irlanda come missionario e organizzatore della Chiesa ne è la prova. Il primo contributo dei Celti alla civiltà europea è stato dunque religioso. Sono stati i monaci irlandesi come san Colombano (542ca.-461) e i suoi compagni che sono venuti a intraprendere la riforma della cristianità occidentale”. 

Sono stati proprio questi monaci a conservare le lettere antiche, il greco e il latino. Ma anche i germani, avevano un’epopea da far conoscere.

Ripartendo sempre dalla geografia, lo storico svizzero racconta come è finito il mondo antico, sicuramente per indebolimento.“L’intero mondo antico muore di anemia spirituale[…]mai la civiltà fu così vicina a estinguersi, mai l’umanità si è trovata sul bordo di un tale vuoto[…]”Il mondo antico non era riuscito a fare unità spirituale, c’era una insufficienza religiosa e morale. Ci riuscirà il cristianesimo che va a completare la casa europea con il tetto.“L’immagine del tetto indica che non ha distrutto né lo scantinato preistorico e protostorico dell’Europa, né il piano terra greco, né il primo piano romano, né il secondo piano barbaro. Al contrario, li ha protetti contro le intemperie che li deterioravano; ha purificato l’atmosfera, reso la vecchia casa abitabile agli uomini”.Del resto Nostro Signore è venuto sulla terra: […] non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento”. “Non parliamo dunque mai di rivoluzione”, scrive Reynold.

Lascio parlare il pensatore svizzero che è anche un profondo letterato: “La trasformazione fu così profonda che ne uscì un altro uomo: il cristiano”. “Il cristiano prende il posto del polites greco e del civis romanus nella serie dei grandi tipi umani. L’eroe si trasfigura in santo”.

La missione civilizzatrice del cristianesimo si può riassumere in questi termini: “mantenere il mondo antico e civilizzare il mondo barbaro chiamandoli entrambi a fondersi in una fede comune”. Per Reynold, s’incontrano due virilità: la vecchia e la nuova. “Le Gesta Romanorum ci mostrano come i cristiani abbiano traghettato nell’epoca della cristianità l’ammirazione della roma antica, quella delle leggende eroiche, quella esaltata da Tito Livio”. La Chiesa in pratica ha salvato, conservato e rinnovato la cultura antica, e introdusse i migliori elementi della cultura barbarica. Così Reynold può parlare di una sintesi di tre culture sovrapposte: la cristiana, l’antica e la barbara. Tuttavia salvare la cultura antica significava, in una prima fase, raccogliere e trasmetterne i testi. Lo hanno fatto sia Boezio, che Cassiodoro, e poi Sant’Isidoro, vescovo di Siviglia e dottore della Chiesa, a loro dobbiamo la traduzione delle opere greche e la salvezza della lingua latina. Ci fu dunque – scrive Reynold – grazie alla Chiesa e ai suoi chierici, nei peggiori momenti dell’imbarbarimento e in fondo al periodo vuoto, una pre-rinascita della cultura antica”. Una serie impressionante di religiosi, di uomini di Chiesa, di santi che, “avevano capito quanto il rispetto della lingua coincidesse con il rispetto del pensiero, della verità”.

L’opera di sant’Agostino.

Comunque quello che ha fatto più di tutti, fu sant’Agostino,“la sua opera si erge come un portale tra l’antichità e il medioevo,l’impero romano e l’Europa”. E’ molto eloquente la descrizione che fa Reynold: “Agostino è un lirico pieno di pathos. Per l’acutezza e la profondità della sua osservazione psicologica è già un moderno. Nella sua Città di Dio, inaugura la filosofia della storia, una filosofia che era impossibile prima del cristianesimo”. Pertanto già in queste opere, anche se apologetiche e dogmatiche, si possono intravedere i germi di una rinascita letteraria. Inoltre, sotto gli auspici della Chiesa, si è infine operata la fusione tra il mondo barbaro e il mondo antico. 

Questa fusione si è realizzata per due vie: “la prima è l’iniziazione dei barbari, dei nordici, alla cultura antica stessa, allo studium sapientae: si pensi a Carlo Magno, alla Schola palatina, al suo ministro dell’istruzione pubblica, l’anglosassone Alcuino[di York (735-804), beato]. La seconda è il salvataggio e la conservazione fatta dalla Chiesa stessa della poesia e delle leggende nordiche”. In pratica è la stessa operazione di salvataggio per le opere antiche.

Pertanto sia per gli antichi, ora anche per la Chiesa: “salvare, mantenere, conservare, ricordare e trasmettere”, era fondamentale. La Chiesa, la pensava come gli antichi. Per Reynold, “la forza del cristianesimo fu di essersi presentato al mondo antico con passato, tradizioni, fede,credenze che fossero venerabili come i suoi: non solo un Nuovo Testamento, ma anche un Antico; la qual cosa faceva dire a sant’Agostino che il cristianesimo era sempre esistito fin dalla fondazione del mondo. La Chiesa rispetta dunque il passato degli altri, innanzitutto grazie proprio alla sua stessa antichità, e in secondo luogo in quanto testimone dell’anima naturaliter christiana”.

 

L’EUROPA SI FRANTUMA QUANDO CESSA DI ESSERE CRISTIANITA’.

La crisi economica e ora la forte pressione degli immigrati rischiano di mandare a pezzi la casa Europa. L’importante discorso di Papa Francesco in occasione del conferimento del Premio Internazionale Carlo Magno, rende attuale la mia lettura guidata dell’ottima raccolta di scritti storici e filosofici di Gonzague de Reynold, “La Casa Europa”, curati da Giovanni Cantoni per la D’Ettoriseditori di Crotone.

Il discorso del Papa alla presenza dei principali rappresentanti delle istituzioni europee, rappresenta un programma sintetico per“rifondare l’Europa”, un’esigenza sentita da molti. Il papa apre con il riferimento all’Europa come Casa comune che rinasce dalle“ceneri delle macerie” di ben due guerre mondiali. Dopo aver “strigliato” l’Europa che è come una “nonna stanca e invecchiata”, incapace di integrare, di dialogare e generare, fa riferimento alla memoria storica.“Le radici dei nostri popoli – ha detto -, le radici dell’Europa si andarono consolidando nel corso della sua storia imparando a integrare in sintesi sempre nuove le culture più diverse e senza apparente legame tra loro. L’identità europea è, ed è sempre stata, un’identità dinamica e multiculturale”.

Questo è ciò che il Papa immagina debba essere il metodo anche oggi che è in atto quella che egli stesso ha recentemente definito «un’invasione». L’Europa sarebbe dunque chiamata a una sintesi tra la cultura dei popoli che attualmente la abitano e quanti stanno arrivando. Inoltre,“E’ necessario fare memoria, – dice papa Francesco – prendere un po’ di distanza dal presente per ascoltare la voce dei nostri antenati”.

 

Le lezioni di Gonzague de Reynold per rifondare l’Europa.

E un buon sussidio per fare memoria della nostra storia, è certamente il testo dello storico delle civiltà Gonzague de Reynold,che sto proponendo in questi giorni.

Papa Francesco nel suo discorso accenna al ruolo che deve avere la Chiesa per la “rinascita di un’Europa affaticata”: “l’annuncio del Vangelo, che oggi più che mai si traduce soprattutto nell’andare incontro alle ferite dell’uomo, portando la presenza forte e semplice di Gesù, la sua misericordia consolante e incoraggiante. (…) Solo una Chiesa ricca di testimoni potrà ridare l’acqua pura del Vangelo alle radici dell’Europa”. Mi sembra che è quello che ha fatto la Chiesa dopo la scomparsa dell’impero romano, con i tanti santi, religiosi, monaci, grandi testimoni del Risorto.

Allora la Chiesa per entrare in contatto con i popoli, capì che era necessario parlare a ogni popolo con la sua lingua, utilizzare per fini religiosi la poesia popolare e le antiche tradizioni, anche se pagane”. In buona sostanza, l’opera civilizzatrice della Chiesa è alla base della civiltà europea, è una tesi abbondantemente sostenuta da Gonzague de Reynold.

Da sola, a causa della diversità dei suoi popoli, l’Europa era incapace di produrre una civiltà uscita naturalmente dal suo stesso suolo, come fa un albero che ha radici profonde. Gli mancava il comune denominatore di un genio europeo[…] Il comune denominatore fu il cristianesimo. La civiltà europea è un dono del cielo, – scrive Reynold – come la rugiada che cade su un campo ben preparato. La prova sta nel fatto che l’Europa ha cominciato a disfarsi nel momento in cui ha cessato di essere la cristianità.

La Chiesa salva la società e l’impero.

L’opera politica della Chiesa fu precisamente la cristianità. “Salvare la civiltà non bastava: bisognava salvare l’impero. Salvarlo, o restaurarlo”. Per quale motivo? “Perchè rappresentava l’ordine e la pace, perchè era il grande precedente, perché era ancora così vicino che era impossibile vederlo sparire, perchè la sua conversione al cristianesimo gli aveva assegnato una missione cristiana”.

I barbari non erano tutti uomini di cattiva volontà, o distruttori, non avevano esperienza, si sentivano spaesati, “per quanto forti militarmente, erano soltanto una minoranza barbara in mezzo a una maggioranza civilizzata”. Pertanto, “molto rapidamente furono obbligati a interfacciarsi con la sola potenza che restasse in mezzo alle rovine: la Chiesa”.

Pertanto la Chiesa, i vescovi, senza confonderli con i funzionari politici, diventano i defensores civitatis, i defensores populi. Fu la Chiesa e la pur fragile cristianità che ha permesso la fusione fra Germani e Romani, una necessità interna. Poi occorreva risolvere quella esterna: la difesa contro l’Asia nomade, quella della steppa, degli Unni, Avari, Ungari, Mongoli, Tartari e Turchi, ma anche quelli del deserto, gli Arabi. Tutti premevano sulla nascente Europa. Cosa sarebbe successo se queste forze avessero prevalso? Per Reynold, avrebbero “riportato l’Europa all’erba e alla foresta, costretto gli europei a rifugiarsi nelle caverne del paleolitico”. Siamo ai tempi di Carlo Magno, il nuovo Costantino, quando in pratica fu realizzata la restaurazione del nuovo imperium e infine la realizzazione della stessa Europa.

La Cristianità la più alta concezione politica e sociale realizzata dall’uomo.

Reynold qui partendo dalla dottrina teologica, delinea i vari passaggi della cristianità medievale: la Chiesa militante, visibile; le due guide per l’uomo che deve incamminarsi verso la sua fine ultima attraverso la strada della salvezza. Il Papa, e l’imperatore. “Alla Chiesa visibile deve corrispondere l’impero visibile, alla Chiesa militante, l’impero militante”. Entrambi formano una unità organica, come le due nature formano l’unità organica dell’uomo. Per Reynold, l’unità evangelica, deve realizzarsi anche nella società. “Il medioevo era permeato di cristianesimo fino alle radici della sua vita e del suo pensiero. Il cristianesimo era tutto per esso: la civiltà, il diritto, la pace,, lo svago, la bellezza, la gioia e la speranza. Ecco perchè ho chiamato quest’epoca quella della cristianità, preferendola all’etichetta di medioevo[…]”. Per Reynold, la cristianità, nonostante tutti i suoi limiti, rappresenta, “la più alta concezione politica e sociale cui lo spirito umano si sia mai elevato: per la prima volta nella storia ha stabilito la supremazia dello spirituale sul temporale. E’ anche la più coerente”.

La cristianità secondo lo storico svizzero doveva essere, l’età della ricostruzione, ma anche età di sintesi. “I due grandi secoli: XI e XII, hanno visto il fiorire una civiltà uguale e persino superiore a quella greca. Rinascita dell’arte, rinascita della filosofia, rinascita della poesia; rinascita del latino e nascita delle letterature in lingue nazionali; rinascita del diritto:nascita delle città, del commercio, della navigazione, della prosperità. Ci fu allora una vita internazionale; ci fu allora un’Europa”. Dopo queste parole come non ricordare la grande studiosa francese Regine Pernoud, che ha dedicato la sua vita allo studio del medioevo.

Tuttavia scrive Reynold, il germe della decomposizione compare addirittura anche durante l’epoca della cristianità. La realtà degli Stati, delle nazioni si scontrava con la necessità dell’impero.“L’idea entrò in conflitto con i fatti”.

La disfatta dell’Europa.

A questo punto il nostro pensatore si dedica alla disfatta dell’Europa e al suo destino.

Dopo il XIV secolo si entra nel periodo vuoto, si cade nel pessimismo, nella disperazione. Si rompe l’unità sociale,“durante l’epoca della cristianità le classi non erano affatto chiuse ma comunicanti; si riunivano in una sincera fraternità cristiana. Ora esse si chiudono e si oppongono”.Pertanto si entra in un’età di disordini sociali, di rivolte contadine, di rivoluzioni urbane. Si arriva alla rottura dell’unità politica e della pace cristiana. “Le restrizioni che la Chiesa aveva imposto al diritto di fare la guerra sono violate; la guerra si estende, diventa cruenta, perpetua; le divisioni tra principi cristiani non cessano più”.Si giunge alla rottura dell’unità intellettuale, dell’unità artistica. “Come sempre – scrive Reynold – quando una società, una civiltà si decompone, da un materialismo stagnante si libera un idealismo evanescente: come i fuochi fatui della palude; ci sono, in effetti, decomposizioni, putrefazioni luminose: ce ne sono molte anche oggi”.

Continuando nell’esposizione delle rotture, Gonzague de Reynold descrive quella più grave: la rottura dell’unità religiosa. Infine come se non bastassero le rotture interne, altre disgrazie si abbattono sull’Europa, si tratta sempre dell’Asia nomade, rappresentata dagli Ottomani, che minacciano di invadere l’Europa. Sembra il nostro quadro che stiamo vivendo oggi.

A questo punto le considerazioni di Reynold si soffermano sull’epoca nuova che si sta affermando, quella dell’uomo, “la più febbrile della storia. Il suo dinamismo la trasforma in una rivoluzione continua. Il suo ritmo, che accelera continuamente, la trascina inesorabilmente, attraverso una serie di catastrofi, verso il periodo vuoto nel quale giaciamo oggi”.

 

Quinto de Stampi MI, 8 maggio 2016

Festa dell’Ascensione di N.S.G.C.                                                                  Domenico Bonvegna

                                                                                                                                                 domenico_bonvegna@libero.it

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