LA CHIESA E’ CHIAMATA SEMPRE A RIFORMARSI.

PERCHE’ LA CHIESA HA BISOGNO DI RIFORME, IL PARERE DI Brendan Leahy, ordinario di teologia dogmatica alla Pontificia Università Maynooth, attuale vescovo di Limerick (Irlanda)

Da alcuni mesi una questione viene dibattuta all’interno della Chiesa e nel mondo cattolico: la riforma. Con l’elezione di Papa Francesco, l’argomento diventa impellente. Anche se in verità è un fenomeno che si verifica ogni volta che un nuovo papa si insedia sul soglio pontificio.

Necessariamente papa Bergoglio sta mettendo mano ad una serie di cambiamenti, che non contraddicono la dottrina di sempre della Chiesa, ma sono in continuità con il magistero degli altri papi. Nonostante questo ci sono cristiani che si lamentano e criticano l’operato di papa Francesco. Chi frequenta internet, i vari blog più o meno religiosi, ma soprattutto facebook, può constatare le diverse prese di posizione contro gli interventi e i nuovi metodi di papa Francesco. L’ultimo, forse quello più clamoroso, è il libro di Antonio Socci, “Non è Francesco”, che addirittura, dopo aver criticato anche aspramente papa Francesco, ora mette in dubbio la sua elezione.

Ma perché la Chiesa è chiamata sempre ad una continua riforma? Una risposta ben articolata, l’ho trovata casualmente in rete, si tratta di un intervento di Brendan Leahy, ordinario di teologia dogmatica alla Pontificia Università Maynooth, attuale vescovo di Limerick (Irlanda), “Possiamo dire che la Chiesa è “semper reformanda” per alcuni motivi.
Primo, poiché noi uomini siamo peccatori, la Chiesa ha sempre bisogno di un rinnovamento istituzionale.
Secondo, perché la Chiesa è inserita nella storia, in un cammino progressivo che prepara la venuta e la manifestazione definitiva del Risorto, abbiamo incessantemente bisogno di lasciarci rigenerare dalla Parola di Dio, dai sacramenti, e dalla luce nuova che sprigiona dai carismi.
Terzo, la dinamica di riforma non è semplicemente un impegno nostro. Non siamo noi a fare la Chiesa. La Chiesa stessa di sua natura è una realtà dinamica. È Cristo, lo Sposo della Chiesa, nella potenza dello Spirito Santo, che guida la sua Sposa verso la pienezza della verità, per farla diventare sempre più ciò che è: la Chiesa “tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata” (Ef 5, 27).

E lo Spirito Santo è il Protagonista di quella realtà dinamica, quindi, di continua riforma, anche grazie ai carismi elargiti sul popolo di Dio, che è la Chiesa una santa cattolica apostolica”. (Brendan Leahy, Perché la Chiesa è “semper reformanda”? 14.02.2011, Unità e carismi)

Di che cosa ha bisogno la Chiesa per essere riformata? Cambiamenti strutturali, di essere più vicina o più distante dal mondo? No essa ha bisogno di altro, lo aveva ben detto il cardinale Joseph Ratzinger, in un discorso al XI Meeting per l’amicizia tra i popoli a Rimini il 1 settembre 1990. “Non è di una Chiesa più umana che abbiamo bisogno, bensì di una Chiesa più divina; solo allora essa sarà anche veramente umana(…) Non sono le maggioranze occasionali che si formano qui e là nella Chiesa a decidere il suo e il nostro cammino. Essi, i Santi, sono la vera determinante maggioranza secondo la quale noi ci orientiamo. Ad essa noi ci atteniamo! Essi traducono il divino nell’umano, l’eterno nel tempo. Essi sono i nostri maestri di umanità”.

Pertanto, “Dove possono indirizzarsi, dunque, quelle “riforme” che pur siamo sempre chiamati ad apportare alla nostra comunità di credenti che vivono nella storia?”, chiedeva il buon Vittorio Messori, nel celebre, libro intervista al cardinale Joseph Ratzinger, “Rapporto sulla Fede”, edizioni Paoline (1985).

Il cardinale rispondeva: “Dobbiamo avere sempre presente che la Chiesa non è nostra ma sua. Dunque, le “riforme”, i “rinnovamenti” – pur sempre doverosi – non possono risolversi in un nostro darci da fare zelante per erigere nuove, sofisticate strutture. Il massimo che può risultare da un lavoro del genere è una Chiesa “nostra”, a nostra misura, che può magari essere interessante ma che, da sola, non è per questo la Chiesa vera, quella che ci sorregge con la fede e ci dà la vita col sacramento.

Voglio dire che ciò che noi possiamo fare è infinitamente inferiore a Colui che fa. Dunque, “riforma” vera non significa tanto arrabattarci per erigere nuove facciate, ma (al contrario di quanto pensano certe ecclesiologie) “riforma” vera è darci da fare per far sparire nella maggiore misura possibile ciò che è nostro, così che meglio appaia ciò che è Suo, del Cristo. È una verità che ben conobbero i santi: i quali, infatti, riformarono in profondo la Chiesa non predisponendo piani per nuove strutture ma riformando se stessi. L’ho già detto, ma non lo si ripeterà mai abbastanza: è di santità, non di management che ha bisogno a Chiesa per rispondere ai bisogni dell’uomo “.
Ritornando alle polemiche di questi giorni, il recente “Sinodo sulla famiglia”, ha ulteriormente provocato altre reazioni talvolta furibonde, da parte di quei cristiani che si sentono orfani dell’ortodossia per esempio del papa emerito Benedetto XVI.
E come capita sempre i media si scatenano nel dividere le posizioni in campo: da una parte i tradizionalisti, dall’altra i progressisti, calcolando presunte maggioranze o minoranze. Ma nel discorso conclusivo del Sinodo, papa Francesco, ha messo in guardia da letture e deviazioni sia tradizionaliste che progressiste.
A questo proposito il papa ha puntigliosamente evocato e citato un discorso del 2007 di Benedetto XVI, dove aveva distinto due errori che dividono la Chiesa: “l’«anticonciliarismo», che rifiuta le riforme conciliari e postconciliari in nome del passato, e il «progressismo sbagliato», che rifiuta la continuità con il passato in nome delle riforme conciliari. La formula di Benedetto XVI «riforma nella continuità» – che, come precisò nell’enciclica «Caritas in veritate» vale per tutta la vita della Chiesa e non solo per l’interpretazione del Concilio – non autorizza nessuno a rifiutare la riforma in nome della continuità, né la continuità in nome della riforma.

Il linguaggio di Francesco non è, ovviamente, lo stesso di Benedetto, ma i concetti di Papa Bergoglio si costruiscono su quella fondamentale indicazione di Papa Ratzinger”. (Massimo Introvigne, “Obbedite al Papa, è il garante della verità”, 19.10.14, LaNuovaBQ.it)
Naturalmente, Papa Francesco usando un linguaggio diverso, denuncia “la tentazione dell’irrigidimento ostile, cioè il voler chiudersi dentro lo scritto (la lettera) e non lasciarsi sorprendere da Dio, dal Dio delle sorprese (lo spirito); dentro la legge, dentro la certezza di ciò che conosciamo e non di ciò che dobbiamo ancora imparare e raggiungere. Dal tempo di Gesù, è la tentazione degli zelanti, degli scrupolosi, dei premurosi e dei cosiddetti – oggi – “tradizionalisti” e anche degli intellettualisti”.

L’altra tentazione, non meno grave, è quella “del buonismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È la tentazione dei “buonisti”, dei timorosi e anche dei cosiddetti “progressisti e liberalisti”» (ricordiamo che all’espressione italiana «progressista» corrisponde, nel mondo di lingua inglese, «liberal»); «la tentazione di scendere dalla croce, per accontentare la gente, e non rimanerci, per compiere la volontà del Padre; di piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo Spirito di Dio”.
Qualcuno potrebbe qualificare il ragionamento di Papa Francesco un po’ “democristiano”, ma naturalmente papa Bergoglio è ben lontano da quella mentalità, essendo proveniente da altre culture. Piuttosto secondo il professore Introvigne, il papa, lo colloca sul piano dello spirito, vicino alle tentazioni del “movimento degli spiriti” di cui parla Sant’Ignazio di Loyola negli “Esercizi Sprituali”.

Tra l’altro, papa Francesco non sembra preoccuparsi tanto delle tentazioni, del resto Gesù stesso, il nostro maestro, ha subito la tentazione del Maligno, pertanto, “i suoi discepoli non devono attendersi un trattamento migliore”.
Comunque sia per quanto riguarda il Sinodo, il papa non intende mettere in discussione la verità fondamentale sul Sacramento del Matrimonio: l’indissolubilità, l’unità, la fedeltà, la procreatività. Anche se “Tanti commentatori, o gente che parla – ha aggiunto Papa Francesco –, hanno immaginato di vedere una Chiesa in litigio dove una parte è contro l’altra, dubitando perfino dello Spirito Santo, il vero promotore e garante dell’unità e dell’armonia nella Chiesa. Lo Spirito Santo che lungo la storia ha sempre condotto la barca, attraverso i suoi Ministri, anche quando il mare era contrario e mosso e i ministri infedeli e peccatori”.
Tuttavia, il Pontefice, invita tutti, non senza severità, “a considerare il ruolo del Papa e l’ubbidienza che tutti gli devono: «il Sinodo si svolge “cum Petro et sub Petro”, e la presenza del Papa è garanzia per tutti». “Il compito del Papa è quello di garantire l’unità della Chiesa».

Francesco ha detto di volere «citare testualmente» sul punto Benedetto XVI, il quale nell’udienza generale del 26 maggio 2010 ricordò che «la Chiesa è chiamata e si impegna ad esercitare questo tipo di autorità che è servizio, e la esercita non a titolo proprio, ma nel nome di Gesù Cristo … attraverso i Pastori della Chiesa, infatti, Cristo pasce il suo gregge: è Lui che lo guida, lo protegge, lo corregge, perché lo ama profondamente». Lo fa attraverso i vescovi, che però devono essere «in comunione con il Successore di Pietro», sia per istruire nella verità sia – sono ancora parole di Papa Ratzinger – «per manifestare l’infinita misericordia di Dio con le parole rassicuranti della speranza”.
Il Papa vuole riaffermare che, il Successore di Pietro e tutti i vescovi, hanno il compito e il dovere di custodire e di servire la Chiesa, non come padroni ma come servitori. Quindi papa Francesco richiamandosi al diritto canonico, invita i fedeli all’obbedienza e alla fiducia nel Pontefice, mi sembra un ottimo consiglio, parafrasando Costanza Miriano, “obbedire è meglio”.

 

Rozzano MI, 24 ottobre 2014
Sant’Antonio Maria Claret                                     DOMENICO BONVEGNA
domenico_bonvegna@libero.it

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