LA GIUSTIFICAZIONE DELLA PEDOFILIA DEI “CATTIVI” MAESTRI DEL 68.

OGNI VOLTA CHE SI FA RIFERIMENTO ALLA PEDOFILIA SI GUARDA SEMPRE ALLA CHIESA, INVECE ESISTE UNA GIUSTIFICAZIONE ESPLICITA della pedofilia DAI COSIDDETTI “CATTIVI” MAESTRI SESSANTOTTINI.

Nell’ultimo numero della rivista Cristianità (n.397, maggio-giugno 2019) viene presentato integralmente l’articolo a firma del papa emerito Benedetto XVI, dal titolo, “La Chiesa e lo scandalo degli abusi sessuali” testo apparso sul Corriere della Sera dell’11-4-2019.

Il saggio è una serie analisi delle difficoltà della Chiesa nell’affrontare gli abusi sessuali. Nelle note, a cura del prof. Daniele Fazio, a quella (n.15) si fa riferimento alla teorizzazione della pedofilia da parte dei “cattivi” maestri della libertà sessuale della rivoluzione sessantottina, la nota rimanda a un dossier  pubblicato dal settimanale tedesco Der Spiegel, ripreso poi da Giulio Meotti, “Il 68 dei pedofili”, in Il Foglio quotidiano, Roma 7-9-2013.

Meotti nell’articolo racconta come “Negli anni Ottanta numerose associazioni di sinistra, e di intellettuali, che lottavano per i diritti degli omosessuali, formarono una sorta di alleanza con i militanti della pedofilia”. In particolare si pone l’attenzione sulla Germania citando diverse scuole tra cui quella della Odenwaldschule. A questo proposito ripubblico un mio intervento del 2010, dove faccio riferimento alla Odenwaldeschule; l’articolo di Meotti e delle ottime riflessioni apparse sul sito di Comunitambrosiana.org.

L’ORRORE DELLA ODENWALDSCHULE. 

Non sono sicuro ma la notizia sugli assurdi orrori della scuola convitto tedesca di Odenwald è stata pubblicata solo dal settimanale Tempi, e quasi nessun blog o giornale l’ha ripresa.

 La Odenwald è un liceo tedesco laico, delle élite sessantottine dove si teorizza che insegnare è sbagliato e che non c’è differenza tra adulti e bambini. E dove si sono verificati stupri di gruppo e sevizie su minori, è una clamorosa notizia uscita in Germania qualche settimana fa, in Italia è stata raccontata da Alessandro Giorgiutti per Tempi.
Come mai nessun giornale in Italia ha pubblicato questa notizia uscita proprio nel periodo in cui si pubblicavano articoli scandalizzati sul fratello del Papa, don 
Georg Ratzinger, che aveva l’unica “colpa” di aver dato qualche scapaccione ai suoi allievi indisciplinati.

  Nell’istituto tedesco fondato giusto 100 anni fa si apprende soltanto oggi che si sono verificati almeno dal 1971, “abusi e violenze «che superano la nostra capacità di immaginazione» (parola dell’attuale preside, Margarita Kaufmann). È stato pudicamente definito «liceo laico», «la Eton tedesca» o «scuola delle élites» (a ragione: la retta costa più di duemila euro al mese), ma la scuola-convitto, legata all’Unesco a partire dagli anni Sessanta, è in realtà qualcosa di molto particolare. Si tratta di una delle prime realizzazioni concrete delle ambizioni riformatrici della pedagogia d’inizio Novecento”. (Alessandro Giorgiutti, Il muro di silenzio della Odenwald, 27.4.2010, Tempi).

 Paul Geheeb, il fondatore della scuola, ha deciso che la prima cosa da abolire era il concetto stesso di educazione, “Preferisco non usare le parole “educazione” e “educare” – diceva – preferisco parlare di sviluppo umano. Al bando anche l’anacronistica distinzione tra maestri e allievi. Gli adulti non devono essere educatori ma “amici” di bambini e adolescenti: Bisogna che noi veramente viviamo insieme. Gli adulti non devono limitarsi a giocare, lavorare, passeggiare con i bambini, e condividere con loro le piccole e le grandi gioie come le tristezze; è necessario far partecipare questi ultimi, secondo il loro grado di maturità, alle nostre stesse esperienze ed azioni». Non si trattava di guidare, ma di accompagnare. Nessuno doveva essere educato perché ciascuno è il miglior educatore di se stesso”.

 Con queste premesse nel liceo venne istituita la promiscuità tra alunni maschi e femmine, l’educazione fisica veniva praticata insieme, nudi, da bimbi e bimbe. Molte famiglie facoltose attratte dai principi educativi anti-autoritari iscrissero i propri figli nella scuola convitto di Odenwald.

 Daniel Cohn-Bendit, il futuro leader sessantottino ed eurodeputato dei Verdi ha successivamente descritto con orgoglio i suoi giochi erotici con bambini di quattro e cinque anni. Dal 1970 al 1985 si concentrarono le violenze nei confronti degli alunni, sono gli anni successivi alla sbornia del ’68, mentre la scuola era diretta da Gerold Becker, che ha recentemente confermato gli abusi. Secondo l’attuale preside del convitto, le vittime di abusi sarebbero almeno quaranta, anche se il giornale che per primo, anni fa, aveva pubblicato le denunce di alcuni ex studenti ipotizza una cifra vicina al centinaio. 

Violenze dei professori sugli allievi e degli allievi più grandi sui più piccoli. Stupri di gruppo consumati con la complicità dei supervisori. Maestri che provvedono a distribuire alcol e droga. Studenti costretti a prostituirsi nei fine settimana per soddisfare qualche visitatore amico degli insegnanti. Si sospetta inoltre che quattro ex allievi suicidi si siano tolti la vita proprio in seguito alla vergogna e alle umiliazioni patite (che non possono essere trascritte qui). 
Nel 2002 dalla deputata tedesca Antje Vollmer, fu consegnato un dettagliato rapporto sugli orrori della Odenwaldschule. 
Ma la Vollmer, scrive Giorgietti che all’epoca era vicepresidente del Bundestag e guidava una commissione sulla politica scolastica, non diede credito al dossier che, se divulgato, avrebbe demolito l’immagine di una scuola considerata il fiore all’occhiello dell’educazione pubblica.

 Dell’esistenza di quel rapporto, redatto da un gruppo di insegnanti della Odenwaldschule, si è avuto notizia solo qualche settimana fa, proprio negli stessi giorni in cui l’attuale ministro della Giustizia tedesco, la liberale Sabine Leutheusser-Schnarrenberger, accusava la Chiesa cattolica di aver eretto «un muro di silenzio» sui casi di pedofilia. Un infortunio clamoroso, perché il ministro faceva esplicito riferimento al documento De delictis gravioribus del 2001 col quale il Vaticano istituiva la linea della “tolleranza zero”, ma tale da distogliere l’attenzione mediatica dagli insabbiamenti veri.

 La clamorosa disfatta dei metodi educativi antiautoritari e libertari che hanno caratterizzato la pedagogia della scuola di Odenwald mi dà l’opportunità di richiamare al bellissimo libretto, poche pagine ma dense di significato, l’ho letto qualche anno fa, scritto da un professore tedesco, Bernhard Bueb, “Elogio della disciplina”, edito da Rizzoli; Bueb ha guidato un collegio tedesco per ben 30 anni con metodi certamente opposti a quelli sessontottini della Odenwaldschule, occorre ritrovare il coraggio di educare, afferma Bueb, ed educare significa esercitare la disciplina, che è il fondamento dell’intera educazione, il saggio sicuramente provocatorio è diventato un caso editoriale in Germania, e in Italia ha già avuto diverse edizioni.

Il padre, l’educatore, l’insegnante, spesso si trova nelle condizioni che deve decidere subito, non può impegolarsi nel dibattito, l’educatore deve decidere in modo rapido e chiaro,vale per le questioni di poca importanza che per quelle di grande importanza.

 Nella cultura in cui cresciamo severità e rigore sanno di crudeltà; – afferma Bueb – abbiamo paura che la coerenza ci faccia perdere l’affetto di chi vogliamo educare, e ci preoccupiamo per le conseguenze psichiche della disciplina.

 Del resto il professore Bueb sostiene che la libertà si conquista con la disciplina, molti giovani ma anche adulti, tendono a commettere l’errore di far collimare la libertà con l’indipendenza. Pensano di essere liberi quando si rifiutano di obbedire a una autorità, e dunque si credono ‘liberi da’ qualunque controllo. 

E’ una equiparazione che hanno fatto molti genitori, insegnanti, educatori, e teorici dell’educazione. Occorre invece esercitare il giovane alla rinuncia, sia in famiglia, all’asilo, a scuola, in collegio, dovremmo reintrodurre con coraggio forme di digiuno ritualizzato ed esrcitare la rinuncia. La pedagogia sessantottina ha fatto sparire i concetti cme “autorità” e “obbedienza”, invece i giovani hanno un forte desiderio di autorità.

La vera autorità non incute paura, anzi genera sicurezza: è la mancanza di punti fermi, piuttosto, a rendere gli adolescenti di oggi disorientati e insicuri. Solo così i nostri figli sapranno conoscere se stessi e il mondo, vivere con pienezza le loro esistenze ed essere felici.

 

Rozzano MI, 15 maggio 2010

  S. Isidoro                                                                          DOMENICO BONVEGNA

                                                                                 

Il ’68 dei pedofili

Un’ombra imbarazzante è calata sulla sinistra tedesca”, come racconta un dossier uscito nei giorni scorsi sul settimanale Der Spiegel. “Negli anni Ottanta numerose associazioni di sinistra, e di intellettuali, che lottavano per i diritti degli omosessuali, formarono una sorta di alleanza con i militanti della pedofilia”.

Nel luglio 1981 la rivista gay Rosa Flieder intervistò Olaf Stüben, ai tempi molto noto per il suo sostegno dichiarato alla pedofilia. Nell’intervista, Stüben rivendicava apertamente il diritto a riconoscere la pedofilia come “qualcosa di sano e moralmente accettabile”. Politicamente schierato a sinistra, affermava che l’innocenza adolescenziale che dovrebbe difendere i ragazzini dal sesso è solo “una invenzione dei borghesi del primo capitalismo”.

L’articolo dello Spiegel spiega come questa intervista non fosse un caso isolato, anzi. Negli anni Settanta e ancora negli anni Ottanta, molte riviste di sinistra sostenevano e promuovevano il sesso con i bambini. Il magazine Don pubblicò cinque report simpatetici con il sesso con i bambini, sotto la dicitura “Non siamo stupratori di bambini”. I Verdi nel marzo 1985 approvarono un documento che chiedeva la legalizzazione del “sesso non violento” fra adulti e minori. E addirittura inserirono nel programma la liberalizzazione dei rapporti sessuali con i bambini, clausola che sparì dal programma soltanto nel 1993. Il giornale progressista Pflasterstrand, allora edito dal leader sessantottino Daniel Cohn-Bendit, “Dani il rosso”, giustificava il sesso con i bambini. Volker Beck, che oggi rappresenta la città di Colonia al Parlamento, negli anni Ottanta contribuì con un saggio al libro Il complesso pedosessuale, in cui sosteneva la depenalizzazione del sesso con i bambini. Ci sarebbe voluta la “madre di tutte le femministe tedesche”, Alice Schwarzer, a ricordargli dalle colonne della Frankfurter Allgemeine Zeitung che fu proprio lui, ancora nel 1988, a promuovere “in un testo la decriminalizzazione della pedo-sessualità”. Come ha rivelato Franz Walter sulla Faz, anche Dagmar Döring, fino al 10 agosto scorso candidata a Wiesbaden per i liberali, nel 1980 scrisse un saggio intitolato Pedofilia oggi, per sostenere la richiesta di legalizzazione dei rapporti tra adulti e minori. Uno scandalo che investe anche gli istituti educativi di sinistra. Come il Rote Freiheit, il cui scopo era plasmare “personalità socialiste”. Il programma prevedeva, oltre alle sessioni critiche sull’imperialismo, anche “sessioni sessuali”, con lo “svestimento di gruppo” e la lettura di riviste porno.

Molti furono gli abusi sui minori. È venuto fuori, da una indagine parlamentare, che lo Psychology Institute alla Free University di Berlino aveva sostenuto il centro Libertà Rossa. E perfino l’attuale ministro della Giustizia tedesco, la liberale Sabine Leutheusser-Schnarrenberger, tra i più accesi critici della Chiesa cattolica in tema di abusi, faceva parte del direttivo della Humanistische Union quando questa organizzazione progressista si batteva per liberalizzare tutti gli atti sessuali “consensuali”, inclusi i minorenni. Una giornalista del quotidiano di sinistra Tageszeitung ha documentato tutto nel libro Attivisti pedofili negli ambienti di sinistra.  Era il 13 dicembre del 1979 quando il magazine Zitty illustrava un articolo con le immagini di due corpi abbracciati, un adulto e un bambino. Sotto il titolo: Amore con i bambini. Si può?. Uno dei bestseller di quella stagione, La rivoluzione dell’educazione del 1971, difendeva la seguente teoria: “La diserotizzazione della vita di famiglia, dalla proibizione della vita sessuale tra bambini al tabù dell’incesto è funzionale all’atteggiamento ostile del piacere sessuale nelle scuole e alla successiva sottomissione e disumanizzazione della vita lavorativa”.

Furono aperti asili in cui si sosteneva che i bambini avessero diritto a vivere una sessualità. Il numero 17 della rivista Kursbuch, pubblicato nel 1969 sotto la direzione dell’enfant terrible della cultura tedesca, Hans Magnus Enzensberger, conteneva un articolo dal titolo Educare i bambini nella comune. Il riferimento è alla comune socialista di Giesebrechtstrasse, a Berlino, in cui erano andati a vivere tre donne, quattro uomini e due bambini. Oltre ai conti in banca comuni e alla mancanza di porte nei bagni, per favorire la “comunione”, la casa prevedeva esperienze sessuali con i bambini. Una foto della rivista diretta da Enzensberger, dal titolo Amore nella stanza dei bambini, mostra Nessim e Grischa, la bambina, nudi sul letto. Andreas Baader, il capo storico del terrorismo rosso tedesco, lasciò la figlia in una di queste comuni.

Nel romanzo Das bleiche Herz der Revolution, Sophie Dannenberg, che da bambina fu mandata in uno di questi istituti anti autoritari, racconta le esperienze pedofile in questi centri simbolo della sinistra.

Anche in una prestigiosa scuola legata all’Unesco ci furono abusi sessuali tra gli anni Settanta e Ottanta. Si tratta della Odenwald di Heppenheim, nota per il suo metodo pedagogico basato sul “libero sviluppo di ogni allievo”. L’istituto annoverava tra i suoi allievi proprio Cohn-Bendit, che lo frequentò tra il 1958 e il 1965, uno dei figli dell’ex presidente della Repubblica federale tedesca Richard von Weizsäcker, Andreas, il figlio di Thomas Mann, Klaus, e Wolfgang Porsche, oggi al vertice della casa automobilistica di famiglia.

Cohn Bendit pubblicherà Gran Bazar, saggio dedicato alla sua esperienza nella scuola materna. In linea con alcune idee promosse nell’ambito dei movimenti di contestazione degli anni Sessanta e Settanta, alcuni passaggi del libro teorizzano “il risveglio della sessualità dei bambini” da uno a sei anni e assumono la possibilità di rapporti fisici ambigui. Cohn-Bendit si è sempre difeso dicendo che le sue affermazioni erano una “provocazione intollerabile”, ma che vanno considerate nel contesto degli anni Settanta ed erano mirate a “scioccare i borghesi”. Si trattava del liceo delle élite sessantottine, quello in cui si teorizzava che “insegnare è sbagliato” e che “non c’è differenza tra adulti e bambini”. Un istituto nel quale si sono verificati “almeno dal 1971” abusi “che superano la nostra capacità di immaginazione” (parola dell’attuale direttore, Margarita Kaufmann). Il fondatore, Paul Geheeb, decise di abolire il concetto stesso di educazione: “Preferisco non usare le parole ‘educazione’ e ‘educare’ – diceva – preferisco parlare di sviluppo umano”. Gli insegnanti non devono essere educatori ma “amici” dei bambini. Così il convitto di Odenwald divenne la culla delle idee radicali di inizio Novecento, facendo scalpore per la promiscuità tra alunni maschi e femmine (si trattava di una rivoluzione, per l’epoca). E per l’educazione fisica praticata insieme, nudi, da bimbi e bimbe.

Il caso tedesco non è isolato nella storia della sinistra europea. Era il 26 gennaio 1977 quando, in nome della “liberazione sessuale dei bambini”, il quotidiano francese Le Monde, faro della gauche, pubblicò una petizione per abbassare la maggiore età sessuale ai dodicenni, una sorta di legittimazione ideologica alla pedofilia adolescenziale. Fra i firmatari il poeta Louis Aragon, l’illustre semiologo Roland Barthes, il filosofo marxista più in voga allora Louis Althusser, gli psicoanalisti profeti degli autonomi Gilles Deleuze e Félix Guattari, la pioniera della psicologia infantile Françoise Dolto (“la Montessori d’oltralpe”), il fondatore di Medici senza frontiere Bernard Kouchner, il futuro ministro della Cultura e icona socialista JackLang, il vate dell’esistenzialismo Jean-Paul Sartre e la sua compagna femminista Simone de Beauvoir, nonché l’enfant terrible della letteratura francese, Philippe Sollers. In pratica l’intero pantheon della cultura parigina della seconda metà del Novecento. Come ha scritto Jean-Claude Guillebaud, giornalista del Nouvel Observateur, sugli anni Settanta e la pedofilia: “Questi idioti esaltavano il permissivismo e l’avventura pedofila”. Due anni dopo un altro quotidiano simbolo della sinistra, Libération, definiva la pedofilia “una cultura volta a spezzare la tirannia borghese che fa dell’amante dei bambini un mostro da leggenda”. Sempre sulle pagine di Libération, sempre nel 1979, si tessono lodi sperticate a Jacques Dugué, pedofilo condannato, “per la sua franchezza in merito alla sodomia”. Cioè? Ce lo spiega, sempre dalle colonne di Libération Dugué stesso: “Un bambino che ama un adulto sa benissimo che non può ancora dare, e capisce e accetta di ricevere. È un atto d’amore. È uno dei suoi modi d’amare e di provarlo”.

Ancora il 20 giugno 1981 Libération pubblica un articolo intitolato Câlins enfantins (Coccole infantili), in cui si presenta in una maniera compiacente la testimonianza d’un pedofilo sui rapporti sessuali con un bimbo di cinque anni. Poi c’è il caso del maître à penser dell’antiumanesimo, Michel Foucault, il quale sosteneva che il bambino è “un seduttore” che cerca il rapporto sessuale con l’adulto.

In un’intervista, apparsa su Change nel 1977 e ripresa in Dits et écrits (Gallimard), J. P. Faye e altri pongono alcuni quesiti al celebre filosofo: “Una ragazzina di otto anni – dice Faye – stuprata da un giovane bracciante agricolo in un fienile. Poi lei ritorna a casa, suo padre fa il medico, è cardiologo, che si interessa anche a Wilhelm Reich: da cui la contraddizione. Vede rincasare la figlia, che non apre più bocca. Resta completamente muta per diversi giorni, ha la febbre… Nel giro di qualche giorno, tuttavia, fa vedere che è ferita fisicamente. Il padre cura la lacerazione, sutura la ferita. Medico e reichiano, sporge denuncia? No, si limita a parlare con il bracciante agricolo, prima che lui se ne vada. Non scatta alcuna azione giudiziaria. Ma il racconto continua con la descrizione di un’enorme difficoltà psichica a livello della sessualità, più avanti nel tempo. Che è verificabile soltanto quasi dieci anni dopo. È molto difficile pensare qualcosa a livello giuridico in questo caso. Non è facile a livello della psiche, mentre sembra più semplice a livello del corpo”.

La replica di Foucault: “Tutto il problema che si pone, nel caso delle ragazze ma anche dei ragazzi – perché, legalmente, lo stupro nei confronti dei ragazzi non esiste – è il problema del bambino che viene sedotto. O che comincia a sedurre voi. Si può fare al legislatore la seguente proposta? Con un bambino consenziente, con un bambino che non si rifiuta, si può avere qualunque tipo di rapporto, senza che la cosa rientri nell’ambito legale?… Il problema riguarda i bambini. Ci sono bambini che a dieci anni si gettano su un adulto – e allora? Ci sono bambini che acconsentono, rapiti”.

Replica Faye: “Anche i bambini tra di loro, ma su questo si chiudono gli occhi. Quando un adulto entra in gioco, però, non c’è più uguaglianza ed equilibrio tra le scoperte e le responsabilità. C’è una disuguaglianza… difficile da definire”.

Chiude Foucault: “Sarei tentato di dire che, se il bambino non si rifiuta, non c’è alcuna ragione di sanzionare il fatto, qualunque esso sia… Inoltre, esiste anche il caso dell’adulto che è in un rapporto di autorità rispetto al bambino. Sia come genitore, sia come tutore, oppure come professore, come medico. Anche qui si sarebbe tentati di dire: non è vero che da un bambino si può ottenere ciò che non vuole veramente, attraverso l’effetto dell’autorità”.

Come ha spiegato la storica Anne-Claude Ambroise-Rendu, il discorso secondo il quale “i bambini hanno diritto alla sessualità” trovò una nicchia “all’ombra dei movimenti alternativi, dell’antipsichiatria e della militanza omosessuale”. Ci fu il caso di Tony Duvert, lo scrittore francese autore del Buon sesso illustrato, una sorta di “manifesto pedofilo” che reclamava il diritto dei bambini a una loro liberazione sessuale. Infine, fra i molti, il nome di Alfred Kinsey, il “padre della rivoluzione sessuale occidentale”, le cui ricerche contribuirono a cambiare il costume e l’istituto famigliare della società moderna, il moralista che insegnò agli americani a parlare di sesso e a praticarlo apertamente, spalancando le porte al movimento gay. Pioniere entomologo, il dottor Kinsey non esitò a legittimare la pedofilia. Nel suo secondo Rapportoc’è un paragrafo intitolato Contatti nell’età prepubere con maschi adulti, nel quale vengono descritti rapporti sessuali tra bambine e uomini adulti: “Se la bambina non fosse condizionata dall’educazione, non è certo che approcci sessuali del genere di quelli determinatisi in questi episodi la turberebbero”, scrive Kinsey. “È’ difficile capire per quale ragione una bambina, a meno che non sia condizionata dall’educazione, dovrebbe turbarsi quando le vengono toccati i genitali, oppure turbarsi vedendo i genitali di altre persone, o nell’avere contatti sessuali ancora più specifici. Quando i bambini vengono posti in guardia di continuo dai genitori e dagli insegnanti contro i contatti con gli adulti, e quando non ricevono alcuna spiegazione sulla natura esatta dei contatti proibiti, sono pronti a dare in manifestazioni isteriche non appena una qualsiasi persona adulta li avvicina, o si ferma a parlar loro per strada, o li carezza, o propone di fare qualcosa per loro, anche se quella persona può non avere alcuna intenzione sessuale. Alcuni tra i più esperti studiosi di problemi giovanili, sono addivenuti alla convinzione che le reazioni emotive dei genitori, dei poliziotti e di altri adulti i quali scoprono che il bambino ha avuto contatti, possono turbare il fanciullo più seriamente degli stessi contatti sessuali. L’isterismo in voga nei riguardi dei trasgressori sessuali può benissimo influire in grave misura sulla capacità dei fanciulli ad adattarsi sessualmente alcuni anni dopo, nel matrimonio”.

Poi sarebbe emerso che lo stesso Rapporto Kinsey, il più famoso studio sul comportamento sessuale umano, sarebbe basato sulle memorie di un pedofilo. L’ammissione è arrivata da John Bancroft, direttore dell’Istituto Kinsey all’Università dell’Indiana, che ha ammesso che i dati del rapporto erano basati sulle esperienze personali di un maniaco sessuale che aveva molestato oltre trecento bambini, tenendo un diario accurato delle sue attività pedofile. Siamo alle origini dell’ipocrisia di una cultura e della sua classe dirigente che avrebbe posto sotto inquisizione la Chiesa cattolica per gli abusi sessuali (veri o presunti), ma che è stata essa stessa all’origine di quella che Roger Scruton avrebbe definito la “pedofilia vicaria” in vigore nelle democrazie occidentali. Una vicenda simbolizzata dalla rivista Konkret, la più influente tra gli ambienti intellettuali di sinistra in Germania, che in più occasioni ha pubblicato negli anni Settanta e Ottanta immagini di bambine nude con riferimenti espliciti alla possibilità del sesso. Direttore della rivista era Klaus Rainer Röhl, un nome illustre dell’editoria nonché compagno di Ulrike Meinhof, la celebre walkiria della sanguinosa sfida terrorista portata contro la Germania del Dopoguerra. Sarebbe stata la stessa figlia della coppia, Anja Röhl, a scrivere in una autobiografia: “Uno dei nomi più illustri che apertamente diffusero la pedofilia fu Klaus Rainer Röhl, mio padre”. Ulrike la spietata terrorista, il marito triste ideologo della pedofilia e la figlia vittima degli abusi orditi dai genitori: è anche qui la cultura di idealismo fanatizzato e crudeltà che avrebbe partorito il Sessantotto. Per il guru dell’antiumanesimo Michel Foucault, “il bambino è un seduttore che cerca il rapporto sessuale con gli adulti” I movimenti gay strinsero una alleanza con i militanti pedofili. “L’innocenza adolescenziale è un’invenzione dei borghesi”.

Giulio Meotti

Il Foglio, 7 settembre 2013

Dal Sessantotto fino agli anni Ottanta “molte associazioni di sinistra, e di intellettuali, che lottavano per i diritti degli omosessuali formarono una sorta di alleanza con i militanti della pedofilia”. Questa è la verità imbarazzante e opportunamente tenuta nascosta che Giulio Meotti riporta alla luce nel suo articolo pubblicato lo scorso 7 settembre sul quotidiano Il Foglio dal titolo Il ’68 dei pedofili, riprendendo quanto evidenziato da un recente dossier del settimanale tedesco Der Spiegel. Stampa gay e di sinistra, come la rivista Rosa Flieder o il giornale Pflasterstrand, giustificavano la pedofilia, chiedendo la depenalizzazione se non addirittura la legalizzazione del sesso con i bambini. Fautori di tali teorie sono stati anche gli istituti educativi di sinistra, come il Rote Freiheit, il cui scopo era “fabbricare” personalità socialiste, il centro Libertà Rossa sostenuto dal Psychology Institute alla Free University di Berlino, l’Humanistische Union, dove, come ricorda Meotti, “l’attuale ministro della Giustizia tedesco, la liberale Sabine Leutheusser-Schnarrenberger, tra i più accesi critici della chiesa cattolica in tema di abusi, faceva parte del direttivo”, e i centri simbolo della sinistra le Comuni.

L’obiettivo era eliminare la morale sessuale di allora, all’origine, secondo le tipiche categorie marxiste, dell’ideologia autoritaria della società borghese, accusata di mantenere l’ordine sociale ed economico attraverso la repressione dell’energia sessuale, in linea con le tesi rivoluzionarie di Wilhelm Reich, il “profeta” della “rivoluzione sessuale” che ha ispirato il Sessantotto, una sintesi tra psicoanalisi e marxismo. Più tardi da una indagine del Parlamento tedesco è emerso che in tali luoghi sono stati commessi molti abusi sui minori. Ma anche in una prestigiosa scuola legata all’Unesco come l’Odenwald di Heppenheim, “la culla delle idee radicali di inizio Novecento”, dove si abolì il concetto di “educazione” a favore di quello anti-autoritario più politicamente corretto di “sviluppo umano”, ci furono abusi sessuali tra gli anni Settanta e Ottanta. Tra i suoi allievi Cohn-Bendit, il leader del Sessantotto tedesco e direttore del giornale progressista Pflasterstrand, Andreas von Weizsäcker, figlio dell’ex presidente della Repubblica federale tedesca, Klaus Mann, il figlio del celebre scrittore Thomas Mann, e Wolfgang Porsche, oggi a capo dell’omonima prestigiosa casa automobilistica. La pedofilia ha trovato supporter anche nel mondo della politica: il partito tedesco dei Verdi, fino al 1993, ne chiedeva la legalizzazione inserendolo addirittura tra i punti programmatici. Questo in Gemania.

Ma nel resto d’Europa la sinistra propagandava le stesse idee favorevoli alla pedofilia. In Francia nel 1977 il quotidiano progressista Le Monde, il più importante giornale della sinistra francese, pubblicò una petizione per abbassare la maggiore età sessuale ai dodicenni, in pratica per legittimare ideologicamente la pedofilia. Tra i firmatari? L’intero pantheon della gauche: il poeta Louis Aragon, il semiologo Roland Barthes, il filosofo marxista Louis Althusser, gli psicoanalisti profeti degli autonomi Gilles Deleuze e Félix Guattari, la psicologa dell’infanzia Françoise Dolto, il fondatore di Medici senza frontiere Bernard Kouchner, il più volte ministro della Cultura dei governi socialisti Jack Lang, il padre dell’esistenzialismo Jean-Paul Sartre e la sua compagna femminista Simone de Beauvoir, lo scrittore Philippe Sollers. Altri punti di riferimento dell’ideologia pedofila furono Libération, altro quotidiano della sinistra francese, e il celebre filosofo Michel Foucault. La pedofilia ha trovato legittimità ideologica “all’ombra dei movimenti alternativi, dell’antipsichiatria e della militanza omosessuale” come ha spiegato la storica Anne-Claude Ambroise-Rendu.

Senza dimenticare il “padre della rivoluzione sessuale occidentale” Alfred Kinsey, le cui ricerche, il cosiddetto Rapporto Kinsey, prima negli Stati Uniti, poi in Europa, non solo sono stati all’origine dei cambiamenti dei costumi e dell’istituto famigliare degli anni Settanta in poi, ma spalancò le porte al movimento gay e alla legittimazione della pedofilia. Successivamente, ma ormai troppo tardi, si scoprì che il più famoso studio sul comportamento sessuale umano, si basava sulle memorie di un pedofilo!

Uno dei nomi più illustri che apertamente diffusero la pedofilia fu Klaus Rainer Röhl, mio padre” scriveva nella sua autobiografia Anja Röhl, vittima di abusi quando infante, figlia di Klaus Rainer Röhl, direttore della influente rivista di sinistra Konkret, e Ulrike Meinhof, la celebre terrorista rossa nella Germania del Dopoguerra.

Conclude Meotti affermando che “siamo alle origini dell’ipocrisia di una cultura e della sua classe dirigente che avrebbe posto sotto inquisizione la chiesa cattolica per gli abusi sessuali (veri o presunti), ma che è stata essa stessa all’origine di quella che Roger Scruton avrebbe definito la “pedofilia vicaria” in vigore nelle democrazie occidentali.”

COMUNITAMBROSIANA.ORG

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