Nei precedenti interventi ho cercato di mostrare quali rischi bisogna evitare per dare una lettura corretta alla recente elezione del nuovo Papa, quello di non farlo apparire come una fotocopia di Papa Francesco e di non dargli patenti politiche politicamente corrette, tipo presentarlo un anti-Trump. Un altro rischio è quello di una certa sovraeccitazione mediatica nei confronti di Papa Leone XIV. Lo ha osservato bene Giovanni Orsina (Il Giornale, 12 maggio), forse la gente si aspetta dal nuovo Pontefice qualcosa di sensazionale.
“Ma Leone XIV non farà i miracoli, semplicemente farà il Papa come i suoi predecessori, fra i quali ci sono stati santi e meno santi, ma tutti hanno guidato i fedeli, ciascuno con il proprio stile, sotto la guida dello Spirito Santo, e così nonostante i peccati e il cattivo esempio eventuale dei suoi servitori, la Chiesa è sempre rimasta la via ordinaria verso la salvezza voluta dal Suo fondatore”. (Marco Invernizzi, Cum Petro, 13.5.25, alleanzacattolica.org) Non si tratta adesso di voler fare il bastian contrario, rispetto al profluvio di lodi nei confronti del Papa americano, ma, “Un fedele cattolico – scrive Invernizzi – dovrebbe preoccuparsi di sottolineare questa straordinaria continuità per cui la Chiesa da oltre due millenni predica lo stesso Cristo, le stesse beatitudini, gli stessi 10 Comandamenti, cercando di incarnarli nelle società che cambiano adattando il proprio linguaggio e il proprio stile pastorale in modo da rendere umanamente più efficace il messaggio di conversione. Questo è avvenuto anche con il 267° Pontefice, Leone XIV, che ha voluto segnare questa sua intenzione missionaria fin dal suo primo discorso letto davanti ai fedeli raccolti in piazza San Pietro”. Era così anche Papa Francesco che è stato attaccato da certe frange ultratradizionaliste e ora che è morto si sono accodati ad attaccarlo altri che non l’avevano fatto prima. Questa è solo ipocrisia.
“Essere in comunione con il Papa non significa che, quando muore, possiamo parlarne male o mancargli di rispetto. È come se i discepoli avessero parlato male di Gesù dopo la sua crocifissione”. Ha scritto un amico su facebook. Non dimentichiamo che Papa Francesco era anche Jorge M. Bergoglio. Come Pietro era anche Simone. L’uomo va sempre rispettato. E vedrete che sarà la stessa cosa con Papa Leone XIV che è pur sempre Robert F. Prevost. Quante volte non capiremo le sue parole! Quante volte non saremo d’accordo con lui! Quante volte sbaglierà, come tutti noi! Se non riusciamo a conciliare l’obbedienza verso la figura del Papa e il rispetto verso quella dell’uomo, nonostante i suoi limiti umani, finiremo prima o poi per riservargli lo stesso trattamento usato contro il suo predecessore. Pertanto, riverenza per tutti i Pontefici. “Cum Petro e sub Petro, lasciando ad altri la ricerca polemica di motivi di scandalo, di critiche perché non è come si vorrebbe che fosse, di contrapposizioni dialettiche con i suoi predecessori. Questo atteggiamento è già cominciato da diversi fronti. Mi limito a segnalare che nella storia del 900 sono stati canonizzati san Pio X, san Giovanni XXIII, san Paolo VI e san Giovanni Paolo II, tutti Pontefici con metodi e stili pastorali molto diversi, e tutti pastori della stessa Chiesa”.
Piuttosto cominciamo ad analizzare i discorsi di Leone XIV. Riflettiamo sulle sue parole chiave a cominciare dalla pace, “La pace di Cristo non è il silenzio tombale dopo il conflitto, non è il risultato della sopraffazione, ma è un dono che guarda alle persone e ne riattiva la vita”. Altra parola è Cristo. “Non darei come ovvio il ripetuto richiamo al Signore Gesù da parte del Papa, perché spesso i cattolici rischiano di dimenticarsene sopraffatti dal desiderio, peraltro comprensibile, di affrontare e risolvere i problemi umani. Papa Leone ha voluto dire che la pace di Cristo non è la stessa di quella degli uomini”. Il “male non prevarrà”. “Anche questo mi pare un richiamo importante. Il male esiste e opera, anche se spesso è più comodo far finta di non vederlo sperando che ci lasci in pace. Ma non è invincibile, anzi è stato sconfitto dal sacrificio di Cristo. Dobbiamo soltanto portare il nostro piccolo contributo a ostacolare l’azione di Satana, il principe di questo mondo sciolto dalle catene”.
Leone. Il nome è significativo perché ha voluto smarcarsi da possibili illazioni su di chi avrebbe voluto essere l’erede. Ha invece voluto riprendere un nome importante della storia della Chiesa. San Leone Magno certamente, vissuto nel V secolo nell’epoca delle eresie che ha dovuto combattere (pelagiani e manichei), ma forse soprattutto Leone XIII che non è, come è stato detto, il Papa sociale ma il Pontefice artefice di un programma straordinario di restaurazione culturale dopo la Rivoluzione del 1789 e le sue conseguenze. Certamente il Papa della dottrina sociale con la Rerum novarum del 1891, ma anche con la Libertas, l’Immortale Dei, l’Inimica vis e l’Humanum genus sulla Massoneria, la Sapientiae christianae, l’Aeterni patris sulla filosofia tomista, e decine di altre per un Magistero complessivo strepitoso”. Infine, Maria, la Madonna, con l’Ave Maria finale, recitata da un Papa agostiniano che per questo solo fatto ci ricorda la teologia della storia racchiusa nella Città di Dio, la grande opera del dottore della Chiesa, padre dell’Occidente”. E allora non mi sembra tanto difficile “professare la fede semplice ma autentica della “vecchietta” che ama il Papa, la stessa di san Giovanni Bosco che invitava i suoi “ragazzi” a dire Viva il Papa non Viva Pio IX, cioè a stare non con un Papa ma con tutti i Papi”.
Torino 15 maggio 2025
Isidoro, contadino. DOMENICO BONVEGNA
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