La “staffetta 4×4”, una specialità, sia maschile che femminile dell’atletica leggera, nella quale gli atleti competono in squadre di quattro elementi (detti frazionisti), che si succedono sulla medesima corsia per completare i 400 metri della pista, percorrendo ciascuno circa 100 metri. Questo lo sport, cosa c’entra la Chiesa e i Papi. Il giorno dell’elezione a Pontefice di Robert Francis Prevost, è uscito un editoriale in prima pagina sull’Osservatore Romano a firma del direttore Andrea Monda (A.M.), “La corsa di Pietro”, 8.5.25, Osservatore Romano. Un articolo che mi ha particolarmente colpito. Il direttore usa la metafora della corsa a staffetta per raccontarci la storia bimillenaria della Chiesa e quindi dei suoi 267 pontefici.
La “corrente umana” che è scaturita a Gerusalemme dopo la salita al cielo di Nostro Signore è quella della corsa, della staffetta precisamente. Una corsa per velocisti. Il tempo umano infatti è breve, e «la messe è molta» (Mt 9, 37), quindi è un lavoro per operai operosi, capaci anche di scatti improvvisi se le condizioni del mondo e della storia lo richiedono. Ha capito tutto il poeta polacco Twardowski – scrive Monda, nella sua più famosa lirica: Affrettiamoci ad amare. È un fatto d’amore, nient’altro. E nessuno va lentamente dalla sua fidanzata/o, ci va correndo. Come fa Pietro quando riconosce Gesù dalla barca e si butta in acqua per raggiungerlo lì sulla riva dove li stava aspettando, perché il Signore primerea, ci precede, ci anticipa.
La staffetta è un gioco di squadra. Gli staffettisti corrono per un tratto breve ma fondamentale, decisivo perché hanno una missione davanti a loro: consegnare il testimone a chi viene dopo di loro. Il testimone, la loro vita come testimonianza. Questa fiaccola che passa di mano in mano è più importante dell’identità e del valore del corridore, è il fuoco della fede che si deve propagare nel mondo, Gesù ce lo ricorda urgentemente nel Vangelo, con un grido: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12, 49). Abbiamo acceso il fuoco sulla terra? È questa la domanda che si pone ogni cristiano, ogni giorno. E continua con questo spirito la sua corsa. Anche oggi.
Pietro e Paolo, le colonne portanti della lunga corsa della Chiesa, a leggere le loro parole nella Bibbia, sempre corrono. Paolo corre verso la meta «dimentico del passato e proteso verso il futuro» (Fil 3, 13). Anche Pietro corre, verso quel nuovo inizio che intuisce confusamente la domenica di Pasqua correndo verso il sepolcro. In quella corsa alla luce del mattino Pietro non arriva per primo. Quella mattina al Sepolcro Pietro arriva dietro, primo arriva Giovanni. Eppure, Gesù ha affidato la cura della Chiesa, di quella staffetta, non al veloce Giovanni, ma a Pietro, che spesso tende a inciampare. Pietro, cioè un uomo. Perché come intuisce un geniale scrittore inglese «Tutti gli imperi e tutti i regni sono crollati, per questa intrinseca e costante debolezza, che furono fondati da uomini forti su uomini forti. Ma quest’unica cosa, la storica Chiesa cristiana, fu fondata su un uomo debole, e per questo motivo è indistruttibile. Poiché nessuna catena è più forte del suo anello più debole». Anche il successore di Pietro Leone XIV è una nuova tappa della stessa corsa verso la felicità eterna…
Torino 15 maggio 2025 a cura di Domenico Bonvegna