UN “LIBRO NERO” SULLA PERSECUZIONE RELIGIOSA E LA VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI IN CINA.

 

IL SOCIOLOGO TORINESE MASSIMO INTROVIGNE SPECIALISTA DA DECENNI, TRA I PIU’ PRESTIGIOSI DI NUOVI MOVIMENTI RELIGIOSI CI OFFRE UNA MAPPA RAGIONATA E AGGIORNATA DELLA REPRESSIONE DELLA RELIGIONE IN CINA. Il libro nasce dalla recente esperienza umana, culturale e professionale di “Bitter Winter”.

Così come ha fatto discutere l’uscita l’anno scorso del giornale online, «Bitter Winter», il periodico che si occupa della persecuzione religiosa in Cina, diretto dal professore Massimo Introvigne, così farà discutere il suo ultimo libro, «Il Libro Nero della persecuzione religiosa in Cina», pubblicato qualche mese fa da Sugarcoedizioni (2019).

Il testo del professore torinese smaschera tutti i tentativi del regime comunista cinese di nascondere che in Cina non esiste libertà religiosa. Certo il mondo è distratto da tante cose e non si avvede della persecuzione religiosa ed etnica che sta raggiungendo livelli insopportabili.

Nell’invito alla lettura del libro, il giornalista Marco Respinti partendo dalla caduta del Muro di Berlino nel 1989, sostiene che il comunismo non è scomparso, si è trasformato, a tratti è mutato geneticamente, sostanzialmente sopravvive a se stesso. E se la ormai leggendaria “perestrojka”, quella russa, è stata soltanto il tentativo estremo e disperato di salvare il comunismo, quella del regime comunista cinese, almeno in parte è riuscita a salvare un certo tipo di comunismo, che Respinti chiama «neo-post-comunismo», una sorta di “terza via” di una perestrojka che finalmente riesce. Tuttavia per Respinti, «Il neo-post-comunismo» non è insomma la rinuncia al ‘mito collettivista’ in favore del mercato, ma la sopravvivenza di tutto quanto caratterizza l’approccio ideologico marxista-leninista alla realtà globale in un mondo e in un tempo in cui, obtorto collo per il regime cinese, il mercato ha vinto».

Il libro nero del professore Introvigne, sociologo delle religioni di fama internazionale, specialista da decenni, e tra i più prestigiosi, di nuovi movimenti religiosi, ci offre una prima mappa ragionata e aggiornata della repressione della religione nel Paese del drago rosso. Il libro nasce dalla recente esperienza umana, culturale e professionale di “Bitter Winter”.

Il libro riesce ad entrare nella cortina fumogena della realtà quotidiana cinese. «Il ‘miracolo economico’ mediante il quale il neo-post-comunismo di Pechino si è ristrutturato per sopravvivere e prosperare nel mercato degli altri è stato raggiunto al prezzo di sofferenze e immoralità palesi, inclusi il lavoro schiavistico in veri e propri campi di concentramento che si burlano di chi giustamente ripete ‘mai più’, il materialismo più sfrenato, la violazione di ogni regola anzitutto morale su cui prospera l’economia davvero libera,e persino la logica e il linguaggio terribili della ‘soluzione finale’ per individui e gruppi dissidenti o percepiti come nemici implacabili».

Il regime comunista di Xi Jimping conduce una guerra senza quartiere all’idea stessa di Dio. In Cina la religione è stata sempre giudicata come innaturale e condannata prima o poi ad estinguersi, adesso col neo-post-comunismo hanno semplicemente affinato le tecniche e la strategia per cancellarla definitivamente.

Il presidente della Repubblica Popolare Cinese e Segretario generale del PCC, Xi Jimping, ha improvvisamente accelerato la repressione, aggredendo in maniera diretta le fedi, sia quelle bandite sia quelle più o meno tollerate o approvate dallo Stato.

In questa campagna di persecuzione con l’entrata in vigore della nuova “Normativa sugli affari religiosi” del 1° febbraio 2018, non tutti i gruppi religiosi vengono perseguiti allo stesso modo, questo dipende scrive Respinti dalla «forza oggettiva che i diversi gruppi religiosi hanno, una forza che non si calcola certo in termini “militari”, ma semmai “politici”, nel senso che più un gruppo è ben connesso all’estero e più sottile, benché non meno cattiva, è la persecuzione». Pertanto non conta il numero e neanche a volte il collegamento con strutture straniere. Conta la “potenza” del legame con l’estero, come nel caso della Chiesa Cattolica. «Non ‒ come qualcuno pensa ‒ perché la Chiesa Cattolica abbia ceduto alle lusinghe o alla forza del regime, ma perché il “potere” (l’unica dimensione che una struttura di potere come il Partito Comunista Cinese [PCC] comprende davvero), e in specie il “potere” “politico”, della Chiesa Cattolica è tale a livello mondiale da impedire che Pechino applichi a essa le medesime forme repressive che impiega con altri».

Il libro di Introvigne ricorda che il 22 settembre 2018 la Santa Sede ha firmato un «un accordo provvisorio» con il governo cinese, le cui clausole sono segrete. Con questo accordo in pratica sulla nomina dei vescovi, però i problemi fra Vaticano e Cina non sono stati risolti. Anche se si registra qualche cambiamento in alcune diocesi.

Introvigne accenna alle proteste dei cattolici conservatori che protestano contro la “svendita” della Chiesa Cattolica al PCC. «La loro posizione e le loro preoccupazioni sono comprensibili, ma meno chiaro è quale alternativa fosse realisticamente percorribile per la Chiesa Cattolica dopo l’entrata in vigore della nuova legge sulle religioni». Per Introvigne, è probabile che la Santa Sede, pensa che «questi accordi offrano una certa libertà di operare apertamente all’interno delle società comuniste, influenzandone sottilmente la trasformazione dall’interno».

Tuttavia restano diversi problemi aperti come quelli della Chiesa cattolica clandestina che continua ad operare e quella dell’Associazione Patriottica Cattolica filogovernativa. Introvigne accenna ad un episodio nella città di Fuzhou, dove funzionari comunisti hanno disturbato le funzioni religiose, mentre i fedeli sono stati fotografati e filmati. Inoltre la polizia ha limitato a cinquanta il numero massimo di persone cui è consentito di partecipare alle celebrazioni religiose.

In altre contee i funzionari governativi hanno arrestato sacerdoti e suore e minacciato i fedeli, intimano di ascoltare le messe nelle chiese controllate dallo Stato.

Introvigne elenca diversi episodi documentati tra l’altro dal giornale online, “Bitter Winter”, dove gli appartenenti alla Chiesa Cattolica clandestina, per decenni perseguitata a causa della sua fedeltà a Roma, dovrebbero aderire alla Chiesa Patriottica controllata dal governo oppure andare in carcere se rifiutano di farlo.

La reazione del Vaticano c’è stata, viene segnalata da Introvigne, si tratta di una intervista al cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. Il cardinale condivide le perplessità di alcuni sull’accordo e soprattutto spera che le condizioni dei cattolici clandestini migliorino, respingendo l’interpretazione che hanno sull’accordo il PCC.

Il volume del sociologo Introvigne nasce dalle pagine virtuali di Bitter Winter, da alcuni articoli principali apparsi sul periodico.

I TRE MERCATI DELLA FEDE.

Dopo aver proposto un quadro generale della libertà religiosa in Cina, Introvigne arriva alla conclusione che questa libertà non è mai esistita, sotto nessun regime, dalla Cina imperiale a quella repubblicana. Interessanti le riflessioni sulle strategie adottate da Mao tze Tung, sulla religione, fino ad arrivare con l’era di Xi Jimping, che Introvigne ravvisa per il culto della personalità, molte somiglianze con Mao.

Riprendendo lo scenario religioso cinese proposto dal sociologo Fenggang Yang, Introvigne divide il libro, in tre settori: il «mercato rosso», il «mercato grigio» e il «mercato nero». La differenziazione non è, precisa Introvigne, dovuta a una differenza di gradimento delle diverse fedi da parte del regime, ma alla diversa tolleranza di fatto (poiché di principio lo Stato comunista cinese considera nemiche tutte le fedi) di cui i vari gruppi godono o per l’impossibilità del regime di schiacciare tutti ugualmente allo stesso modo nello stesso tempo.

Pertanto il «mercato rosso» è lo spazio dove il regime cerca addomesticare alcuni gruppi, infiltrandoli e controllandoli dall’interno (attraverso la Chiesa delle Tre Autonomie per i protestanti, l’Associazione patriottica cattolica cinese, l’Associazione islamica cinese, l’Associazione buddhista cinese, l’Associazione taoista cinese, tutte originariamente create negli anni 1950)

Naturalmente la vita di chi appartiene a questi cinque organismi non è totalmente libera, perchè intanto non è consentita nessuna critica al PCC, il proselitismo è proibito e si può predicare solo all’interno delle chiese autorizzate. E poi ci sono una serie di norme amministrative cavillose, che di fatto riducono le comunità religiose a serve del PCC. Ci vuole poco a violarle e quindi ad avere distrutti i luoghi di culto e e arrestati i propri sacerdoti. Tra l’altro dopo aver equiparato la religione alla pornografia, si vieta ai minori di diciotto anni di partecipare alle attività religiose. Addirittura delle chiese sono state chiuse perchè le madri portavano in braccio i figli neonati.

Nel «mercato nero» vengono relegati i gruppi definiti xie jiao, si tratta di un’antica espressione usata dal potere politico cinese per estromettere come «insegnamenti eterodossi» i gruppi sgraditi e oggi riesumata per essere distorta in “sette”, o “sette malvagie”, a imitazione di un cattivo costume in auge in Occidente qualche decennio fa.

Chi fa parte di questo elenco (dal quale si può entrare ed uscire) è un reato di cui si viene puniti con inaudita severità, con pene detentive da tre a sette anni, e proprio in questo ambito sono avvenute e continuano ad avvenire le mattanze più crudeli e ignorate di gruppi quali il Falun Gong e la Chiesa di Dio Onnipotente, entrambi peraltro oggetto anche della raccapricciante pratica dell’espianto forzato di organi che alimenta il commercio clandestino.

Tra l’altro la polizia comunista cinese offre ricompense a chi fornisce i nomi di aderenti e informazioni su chi fa parte degli xie jiao e che possono ricondurre al loro arresto. Naturalmente per catturare i dirigenti sono previste offerte più elevate. «E’ però piuttosto paradossale che uno Stato ufficialmente non religioso possa prendere seriamente in considerazione l’idea di decidere quali gruppi religiosi debbano essere repressi sulla base di criteri quali la natura di Gesù Cristo o la dottrina tradizionale della Trinità».

Inoltre nel libro Introvigne rivela che gli accademici cinesi sotto le direttive delle autorità comunista hanno importato dal movimento anti-sette occidentale la nozione del «lavaggio del cervello». Peraltro queste “sette” dal regime vengono trattate come gruppi non religiosi, pertanto non si viola la libertà religiosa.

A questo punto Introvigne pone una domanda: ma chi decide se una religione è “autentica” e invece un’altra soltanto “pretenda” di essere una religione? In Cina è il potere, dove risuona il motto del giurista imperiale romano Ulpiano (170-223): «Quod principi placuit, legis habet vigorem» («Quello che piaque al principe acquista forza di legge»). Dunque, «Il PCC novello imperatore, decide quali gruppi siano xie jiao, escludendoli dall’ambito della libertà religiosa e dei diritti umani. In questo modo – scrive Introvigne – i loro aderenti sono di fatto de-umanizzati». E pertanto secondo lo slogan del PCC stesso, questi movimenti devono essere «“estirpati totalmente”, come tumori. I tumori, del resto non hanno diritti, e li si può estirpare solo con la violenza».

Infine il terzo settore, quello del «mercato grigio», una specie di limbo. Dovrebbero far parte tutte le chiese domestiche, che si incontrano necessariamente in case private, le stime affermano che si tratta di 20, 35 milioni di cinesi, alcuni sostengono che sono molto di più. A questa categoria dovrebbe far parte la Chiesa cattolica “clandestina” i cinesi fedeli a Roma, ma con l’accordo del 2018, scrive Introvigne, la distinzione tra Chiesa clandestina e Chiesa patriottica dovrebbe essere cessata, ma di fatto ancora esistono comunità renitenti che rimangono nel “mercato grigio”.

Comunque sia i confini tra i tre mercati sono abbastanza porosi, sostiene il sociologo torinese. Sostanzialmente non si è sicuri da nessuna parte. Alcuni gruppi che fanno parte del mercato grigio, possono finire tranquillamente nel mercato nero, ossia nell’elenco degli xie jiao. In certi casi nemmeno il mercato rosso può dirsi completamente sicuro.

Il libro Nero documenta i controlli e le demolizioni che colpiscono i buddhisti e i taosti. C’è una certa vulgata che racconta che questi fedeli sarebbero sostanzialmente lasciati in pace. Invece la realtà è un po’ diversa. Introvigne racconta delle demolizioni dei vari templi antichi, ma anche di statue di grande valore artistico per il turismo. Circolano video della distruzione di statue con la dinamite che ricordano a molti le infauste gesta dei Talebani contro le statue buddhiste in Afghanistan. I dirigenti comunisti hanno una inventiva straordinaria nel trovare scuse con cui giustificare la distruzione di manufatti religiosi di vario tipo. La distruzione delle grandi statue buddhiste è giustificata perchè ostacolerebbero la visuale dei piloti degli aerei. In pratica si distruggono sia le statue buddhiste che le croci cristiane.

Il libro da conto dell’interessante la storia della repressione della comunità ebraica di Kaifeng. Molto spazio è dedicato alle cosiddette regioni “autonome” dello Xinjiang e del Tibet. E qui Introvigne racconta dell’esistenza dei campi di lavoro, dove a migliaia vengono detenuti uomini e donne per essere rieducati attraverso il lavoro. Sono i cosiddetti Laogai o più precisamente i Laodong gaizao, cioè “campi per la riforma attraverso il lavoro”. Per la verità secondo lo studoso tedesco Adrian Zenz esistono tre tipi di campi. Il secondo tipo è chiamato laojiao, “campi per la rieducazione attraverso il lavoro”. Poi c’è il terzo tipo di campi di rieducazione, il jiaoyu zhuanhua, tradotto significa, “trasformazione attraverso l’educazione”. Solo nello Xinjiang dove c’è l’etnia uiguri, sono internati un milione di persone.

«la denominazione gentile “trasformazione attraverso l’educazione” – secondo Zenz – è fuorviante. Questi campi non sono infatti scuole. I detenuti sono tenuti a lavorare, oltre a essere continuamente indottrinati, e ‘l’educazione’ può essere brutale». Infatti diversi detenuti sono morti e altri hanno sofferto crolli psichici. Di fatto per lo studioso tedesco i dirigenti comunisti considerano “l’estremismo religioso” come una “malattia”, un “pensiero malato” che dev’essere curato. Ecco perchè in questi ambienti si fa largo uso della deprogrammazione per reprimere le minoranze religiose.

Il libro descrive la repressione brutale degli uiguri che vengono trattati dal governo comunista come terroristi perchè musulmani. Oltre agli uiguri, si descrive la repressione in atto dei Kazaki, imprigionati, torturati, zittiti. Infine c’è la grande questione del Tibet, dei monaci del Dalai Lama. Tutto ha inizio con la battaglia di Lhasa, del 1959. Tra l’altro quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario della battaglia. I comunisti cinesi utilizzano la stessa politica repressiva in entrambi le regioni prima nel Tibet, poi nello Xinijang.

Concludo con le sconcertanti, e per certi versi inquietanti riflessioni introduttive del libro di Introvigne: Il presidente Mao (Zedong, 1893-1976), è tornato, e questa volta possiede uno smartphone. Pare che in Cina se non scarichi e non usi una particolare applicazione, potresti perdere il posto di lavoro. In pratica bisogna “studiare” i discorsi del presidente. Non solo ma studiando le app del presidente, accumuli punti. E’ un sistema chiamato: “punti-studio di Xi”. Più leggi e più studi e più punti accumuli. Poi c’è un sistema di sorveglianza, «sembra sia in grado di osservarti e notare se ti sposti dallo schermo dopo aver aperto un testo o un video. Può anche accertare se i tuoi occhi leggono solo alcuni paragrafi o il testo completo [….]Con questo sistema, il PCC ha colonizzato la maggior parte del tempo libero degli utenti della app». Tutti i membri del PCC sono obbligati a utilizzare la app e molti luoghi di lavoro impongono una quota, giornaliera o settimanale, di “punti XI”. Introvigne ha voluto esordire con questa storia per sfatare certi luoghi comuni sulla Cina: siccome ci sono tanti negozi di Prada e altre grandi marche occidentali, significa che la Cina è un Paese “normale”. Assolutamente NO.

Sempre nelle pagine introduttive Introvigne sfata un altro mito, quello sulla rivolta di Piazza Tienanmen. Trent’anni fa gli studenti non protestavano solo per fattori economici e di democrazia, ma c’erano gli aspetti religiosi che predominavano. Infatti molti studenti appartenevano alle Chiese protestanti, mentre la rivolta ha risvegliato il movimento delle “chiese domestiche”. Infine i leader del PCC avevano capito che era stato il fattore religioso a mobilitare le masse contro i vari comunismi europei. Infatti avevano incaricati i loro studiosi a verificare in Europa che cosa era successo. Pertanto la nuova generazione dei capi comunisti cinesi è cresciuta con la convinzione «che il sistema comunista in Unione Sovietica e nei Paesi satelliti fosse crollato specialmente a causa della religione e pertanto il controllo e la repressione delle religioni fossero quindi indispensabili per la Cina onde evitare il medesimo destino». Tienanmen a prescindere da cosa si pensava in Occidente, il PCC ha capito che non si è trattato di un fenomeno puramente cinese, ne tanto meno spontaneo, ma c’era in gioco la lotta epica tra “l’Occidente”, capitanato dagli USA e il comunismo cinese che ha resistito e non si è fatto annichilire come l’Urss. Ecco gli attuali leader comunisti cinesi si sono formati in corsi in aule con questa lettura degli eventi del 1989, considerata come un dogma. E a questi dirigenti non importa se questa sia una interpretazione corretta o meno, è molto importante che il PCC ci abbia creduto come se fosse vera. Certo ci sono dirigenti del PCC che pensano al potere personale, ma esistono quelli che considerano l’ideologia una forma di religione e quindi salvare il PCC significa salvare il mondo. Questi dirigenti seguono alla lettera l’insegnamento maoista: non ha importanza quante vite umane occorra sacrificare per lo scopo.

Da Tienanmen in poi è stato chiaro cosa bisognava fare: reprimere le religioni. «La libertà e le vite di innumerevoli uiguri e musulmani di altre etnie, buddhisti tibetani, fedeli delle chiese domestiche cristiane, cattolici ostili al PCC, membri del Falun Gong, della Chiesa di Dio Onnipotente e di altri xie jiao, così come quelle di molti altri, non contano. Gli stessi carnefici che hanno ucciso diecimila manifestanti in Piazza Tienanmen nel 1989 hanno poi proseguito nell’arrestare, torturare e uccidere milioni di credenti nei decenni successivi, convinti com’erano che le loro vite fossero sacrificabili per perseguire l’obiettivo maggiore: salvare il comunismo cinese dal potere ‘diabolico’ della religione, che aveva rialzato a propria testa minacciosa in Piazza Tienanmen e distrutto il comunismo in Unione Sovietica e altrove».

Queste non sono tesi fantasiose, il professore Introvigne li ha verificate di persona nei suoi viaggi in Cina e poi con il meticoloso lavoro del magazine quotidiano online, “Bitter Winter”, pubblicato in otto lingue.

 

Quinto de Stampi MI, 18 Ottobre 2019

S. Luca evangelista                                                                  Domenico Bonvegna

                                                                                                  domenico_bonvegna @libero.it

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