OCCORRE STUDIARE PER USCIRE DAL VUOTO RELIGIOSO E SOCIALE DELLA SOCIETA’ OCCIDENTALE.

PER USCIRE DALLA CRISI DEL SISTEMA SCOLASTICO OCCIDENTALE SERVE LA CULTURA CRISTIANA.

Come può cambiare il sistema scolastico italiano? I temi più ricorrenti per cambiarlo sono quelli che riguardano  l’organizzazione della nostra scuola: si va dalla valutazione, alla formazione dei docenti, all’allargamento dell’apertura scolastica nel pomeriggio e in estate, agli investimenti. Tutti temi importanti, però, forse, sarebbe più utile un’ampia riflessione su quali basi culturali impostare lo studio dei nostri studenti, in particolare delle scuole superiori. A questo riguardo un ottimo contributo di riflessioni potrebbe venire dalla magistrale opera di un grande studioso e accademico britannico, Christopher Dawson, La crisi dell’istruzione occidentale, D’Ettoris Editori (Crotone, 2012).

Dawson è uno storico delle civiltà, delle religioni e dell’educazione, autore di numerosi studi. “The Crisis of Western Education”, è stata scritta nel 1961, frutto di numerose conferenze, l’autore auspicava la necessità d’introdurre lo studio della cultura cristiana nell’istruzione superiore dei paesi anglosassoni, in particolare negli Stati Uniti. Dawson era convinto che l’ignoranza dei cristiani nei confronti della loro stessa cultura poteva essere uno dei principali ostacoli sulla strada di un serio ecumenismo con i fratelli protestanti, ma anche causa non secondaria del fallimento dell’intero sistema d’istruzione occidentale, nonostante i pretesi progressi nei metodi educativi.
Il libro pubblicato dalla battagliera casa editrice D’Ettoris di Crotone, viene consigliato al pubblico italiano da due studiosi, Paolo Mazzeranghi e da Lorenzo Cantoni. L’ampiezza e la ricchezza dei temi trattati dal testo di Dawson non permettono facili sintesi, pertanto è parso interessante proporre qualche riflessione della seconda parte: “La condizione dell’istruzione cristiana nel mondo moderno” e della terza parte: “L’uomo occidentale e l’ordine tecnologico”.

Nella prima parte Dawson, studia “La Storia dell’istruzione umanistica in Occidente”, otto capitoli dove percorre il processo educativo e culturale trasmesso alle varie generazioni presenti in un territorio preciso: l’Europa, il cosiddetto Occidente, quindi anche alle Americhe, fino a raggiungere quell’unità culturale che ha prodotto la civiltà cristiana, la cristianità, anche se poi interrotta dalla cosiddetta Riforma di Lutero. E’ bello come Dawson descrive la civiltà occidentale, “è come una cattedrale gotica, un complesso meccanismo di pressioni contrastanti che raggiunge la sua unità mediante l’equilibrio dinamico di spinta e controspinta”.

 

Christopher Dawson è convinto che proprio oggi di fronte alla crisi dell’istruzione dell’Occidente occorre ritornare allo studio di quella cultura che ha costruito la nostra civiltà: “Uno dei principali difetti dell’istruzione moderna è stato il non riuscire a trovare un metodo adeguato per lo studio della nostra civiltà”.

Nella vecchia istruzione umanistica, con tutti i suoi difetti, si studiava la cultura classica come un tutto, l’istruzione moderna ha perso questa unità formale.
Dawson è convinto che “qualunque possa essere il suo futuro politico e per quanto buie possano essere le sue prospettive economiche, l’Europa mantiene la sua posizione storica di sorgente della civiltà occidentale, e questo è destinato a influenzare il futuro altrettanto che il passato(…)”. Dunque per lo scrittore britannico, è importante “comprendere la natura della civiltà occidentale e come accadde che questo gruppo relativamente minuscolo di Stati europei giunse a trasformare il resto del mondo e cambiare l’intero corso della storia umana”. Queste riflessioni peraltro acquistano grande rilievo ogni volta che assistiamo a notizie di massacri ad opera del fondamentalismo islamico come in questi giorni nella scuola di Peshawar in Pakistan.

Dunque studio della civiltà occidentale senza però separarlo dallo studio della civiltà cristiana, come ha ben sostenuto il grande storico delle civiltà Arnold Joseph Toynbee.
Al capitolo X, Dawson spiega perché bisogna introdurre lo studio della cultura cristiana nelle nostre scuole, e non solo nei college e università cattoliche, anche se questo può sembrare sorprendente. Ma soprattutto individua gli ostacoli allo studio della cultura cristiana, che secondo lui, non viene da pregiudizi religiosi o secolaristi, ma da ostacoli di natura culturale. Infatti, secondo Dawson, gli ostacoli ebbero origine “dall’idealizzazione dell’antichità classica da parte degli studiosi e degli artisti umanisti dei secoli XV e XVI.” Pertanto il periodo storico fra la caduta di Roma e il Rinascimento, viene identificato in maniera dispregiativa come “età di mezzo”, “una sorta di vuoto culturale fra due età di successo culturale(…)”. Un giudizio negativo, trasmesso dal Rinascimento all’Illuminismo del secolo XVIII e quest’ultimo alle ideologie secolariste moderne, che peraltro ignora l’esistenza della cultura cristiana.

Dunque per il grande scrittore storico, “è necessario che gli educatori compiano uno sforzo esplicito per esorcizzare il fantasma di questo antico errore e per dare allo studio della cultura cristiana il posto che merita nella moderna istruzione”. Questo lavoro non può essere lasciato solo ai medievalisti, anche perché la cultura cristiana non può essere limitata alla cultura medievale. La cultura cristiana è nata prima del Medioevo.
Dawson insiste sull’importanza dello studio della cultura cristiana che ci permette di comprendere come nacque la cultura occidentale e quali sono i valori essenziali che rappresenta. E polemicamente scrive: “non vedo ragione di supporre, come qualcuno ha argomentato, che tale studio avrebbe un effetto limitante e paralizzante sulla mente dello studente. Al contrario, è eminentemente uno studio liberale e liberalizzante, poiché ci mostra come mettere in relazione la nostra esperienza sociale contemporanea con le più ampie prospettive della storia universale. Dopotutto – scrive Dawson – la cultura cristiana non è qualcosa di cui ci si debba vergognare”.
Qualsiasi studioso anche non cattolico non può avere un ruolo importante nella vita moderna senza avere chiaro il senso della natura e delle conquiste della cultura cristiana, deve conoscere “come la civiltà occidentale divenne cristiana, fino a che punto sia cristiana oggi e in che modi abbia cessato di essere cristiana; in breve, una conoscenza delle nostre radici cristiane e degli elementi cristiani durevoli della cultura occidentale”.

E qui Dawson citando Toynbee, spiega che il termine cultura viene visto come unità storica, però che ha “un’estensione nello spazio e nel tempo molto maggiore di una qualsiasi unità puramente politica(…)”. Dawson spiega bene come questa unità è durata per più di mille anni, “dalla conversione dell’impero romano fino alla Riforma, i popoli d’Europa furono consapevoli della loro appartenenza alla grande società cristiana e accettarono la fede e la legge morale cristiane come il vincolo primario dell’unità sociale e come la base spirituale del loro modo di vivere. Tuttavia anche se questa unità è stata infranta dalla Riforma luterana, la tradizione della cultura cristiana sopravvive ancora nelle istituzioni dei differenti popoli europei, anche nella nostra cultura secolarizzata.
Una cosa è certa, per lo studioso britannico, “chiunque, cristiano o no, desideri comprendere la nostra cultura quale esiste oggi non può dispensarsi dallo studio della cultura cristiana. Questo studio è anzi in qualche modo più indispensabile per il secolarista che per il cristiano, perché gli manca la chiave ideologica per la comprensione del passato che ogni cristiano deve possedere”.

 

SE IL NOSTRO OCCIDENTE VUOLE SOPRAVVIVERE DEVE RECUPERARE I VALORI MORALI DELLA CULTURA CRISTIANA.

 Attraverso l’istruzione e quindi rendendo integrante del nostro sistema educativo lo studio della cultura cristiana, potremmo far ripartire la nostra società. Ma questo vale non solo per i cattolici, ma anche per quelli che non lo sono, “dal momento che sono eredi della stessa tradizione culturale, benché non siano più consapevoli della sua relazione con l’attuale crisi della società occidentale sotto la pressione esterna delle ideologie totalitarie e delle forze dissolvitrici del materialismo secolarista”.

Dawson è convinto che occorre riorientare gli studi superiori verso gli studi umanistici attraverso la cultura cristiana, trovando i modi di studiarla, e non tanto verso gli studi classici o quelli della scienza della tecnologia.
Negli ultimi due secoli siamo stati educati a pensare allo Stato-nazione e quindi anche l’istruzione è stata progressivamente nazionalizzata e diretta allo studio della cultura nazionale. Oggi questo tipo di cultura sta scomparendo, e lo scrittore inglese lo scriveva nel 1961, si sta sviluppando una organizzazione mondiale. Però né la prima, né la seconda, sono capaci di dare una base soddisfacente per la comunità culturale. Certo rimangono le sei religioni mondiali che costituiscono le unità sociali: tre sono in Occidente e tre in Oriente. Ognuno di esse ha la sua storia, la sua letteratura, la sua filosofia.
Per Dawson la civiltà moderna non può ignorare queste società culturali che hanno avuto una influenza enorme. “Eppure l’istruzione moderna le ha trascurate e ha ignorato la loro importanza fondamentale, cosicché la tradizione spirituale del mondo moderno si è sconvolta e persa”. Impossibile per chiunque conoscerle tutte, ma questo non è una ragione perché “non dobbiamo studiare la nostra tradizione spirituale, che ha creato la nostra civiltà e specialmente i valori spirituali superiori da cui siamo moralmente dipendenti”.

 

La civiltà moderna, per Dawson, “è moralmente debole e spiritualmente divisa”, tuttavia, “la scienza e la tecnologia sono in sé moralmente neutrali e non forniscono alcun principio guida spirituale”, qualsiasi potere può usarle per i propri fini, per controllare la società. Lo fanno gli Stati totalitari, ma anche quelli democratici. Tutte le società hanno bisogno di qualche principio superiore, anche il nostro mondo moderno, nonostante rifiuti le religioni tradizionali e neghi la verità o il sistema teologico. Eppure il nostro cristianesimo, anche se è stato gradualmente privato d’influenza intellettuale e sociale sulla cultura moderna, può offrire moltissimo alla nostra moderna società tecnologica, che ha una disperata necessità di “un principio di coordinamento spirituale e un principio di unità(…)”.
Dawson afferma una verità fondamentale, i cristiani hanno conservato la fede nella verità teologica, sono una comunità spirituale, però “l’accettazione teorica di questi principi non è sempre accompagnata dalla loro realizzazione culturale”. Infatti i cristiani di oggi, soprattutto i più istruiti, oltre ad essere influenzati dalla concezione secolare della cultura moderna, “la maggior parte di noi è scandalosamente ignorante e immemore della ricchezza della nostra eredità”.

Oggi il cristiano ha diviso l’intera sua vita in due parti: il mondo comune secolare e la sfera ristretta della Chiesa, della religione. Nel passato non era così, nel Medioevo, ma anche fino a qualche secolo fa, la religione, nei paesi cattolici, giocava ancora un ruolo nella vita comune, vi era una ricca cultura religiosa, sia nell’arte che nella musica. Dawson di questa scissione dà la colpa a quella tendenza “medievale a fare dello studio un monopolio del clero, cosicché il laico non aveva spazio nell’università medioevale e nell’organizzazione del sapere superiore”. E così di questo passo si arrivò ad una divisione della cultura e la divisione sociale tra laici e clero.
Pertanto Dawson auspica per i cristiani, “una riforma radicale dell’istruzione cristiana, una rivoluzione intellettuale che restauri l’unità interna della cultura cristiana”, piuttosto che combattere semplicemente un’azione difensiva di spirito puramente conservatore. Anche se è consapevole che il cambiamento è lungo e difficile, perché ci sono molte resistenze.
Dobbiamo riprendere la consapevolezza della “comunanza della cultura cristiana come base della storia europea(…)Dobbiamo ricuperare l’idea di ‘popolo cristiano’. Forse occorre riprendere, “l’idea cristiana della ‘terza razza’, oppure l’idea medioevale di Cristianità.

Per colpa della separazione della storia ecclesiastica da quella politica, per Dawson, “non vi è stato fino a ora uno studio comprensivo della cultura cristiana come la realizzazione storica, quantunque parziale, di queste idee chiave. L’immensa ricchezza della cultura cristiana come una tradizione universale vivente non è stata compresa, eccetto che dagli specialisti che ne hanno utilizzato qualche parte per i loro fini”. Ma qualcuno potrebbe obiettare, “che lo studio della cultura cristiana – scrive Dawson -, è inadatto alle necessità attuali, in quanto distrarrebbe le menti degli studenti dallo studio della cultura contemporanea e tenderebbe a immergerle nella contemplazione del passato, o, peggio ancora, nella idealizzazione di porzioni limitate del passato”. Comunque sia per lo scrittore inglese, questo studio, deve avere un “processo dinamico che non appartiene ad alcun singolo periodo”.
Nella terza parte del libro Dawson analizza come l’uomo occidentale si è allontanato dalle tradizioni religiose su cui si era appoggiato per tanti secoli. “Non possiamo permetterci di essere ottimisti”, sostiene Dawson, che tra l’altro, aveva conosciuto quelle forze diaboliche, come il nazismo e il comunismo, che si erano schierate apertamente contro il cristianesimo. Ma già nel 1961, quando è stato scritto “The Crisis of Western Education”, Dawson, facendo riferimento a una inchiesta, individua la vera causa dell’irreligione moderna nell’indifferenza pura, e nel paganesimo pratico della gente che non ha mai riflettuto in profondità su questi temi.

Pertanto l’accademico inglese può affermare che “la vera minaccia al cristianesimo e anche al futuro della cultura occidentale, come mostrato nell’inchiesta, non è l’ostilità razionale di una risoluta minoranza, ma l’esistenza di una grande massa d’opinione che non è antireligiosa ma subreligiosa, così da non essere più consapevole di alcun bisogno spirituale che il cristianesimo possa soddisfare”.
Infatti secondo lo storico inglese la Chiesa è ritenuta superflua dall’uomo moderno perché è un’organizzazione volontaria e non obbligatoria come quelle “unità artificiali altamente organizzate”- fabbrica, sindacato, ufficio, pubblica amministrazione, partito. Sarebbe interessante proseguire per analizzare la malattia del vuoto spirituale che affligge l’uomo secolarizzato di oggi, ma non intendo stancarvi più del necessario. 

 

UN’”APOSTOLATO DELLO STUDIO”, PER USCIRE DAL VUOTO RELIGIOSO E SPIRITUALE DELLA SOCIETA’ OCCIDENTALE.

L’accademico inglese ci aiuta a capire come uscire da una parte dall’agnosticismo e l’indifferentismo passivi e dall’altra dal materialismo attivo da cui sono contagiate le nostre società.

Peraltro per Dawson, si tratta della stessa malattia spirituale, che ha afflitto per anni gli Stati totalitari del Novecento, infatti, scrive a questo proposito lo storico britannico, “(…)siamo stati costretti a formulare la domanda su come i beneducati e benintenzionati tedeschi e russi comuni accettarono l’esistenza dei campi di concentramento e delle purghe di massa che hanno così scosso i nostri istinti umanitari. La risposta è che l’istinto del conformismo sociale è più forte dell’istinto umanitario. Quando lo Stato decide che sono richieste misure inumane per il bene del partito, l’individuo accetta la sua decisione senza critica, e, di fatto, senza riconoscere ciò che lo Stato sta facendo”.
Fortunatamente nelle nostre società, quei pessimi risultati sono impossibili che accadano. Sia lo Stato che la società, così come gli individui, “accettano ancora i principi umanitari come questione di fede”. Anche se Dawson registra un certo vuoto spirituale che “produce una società che è spiritualmente neutrale e passiva, e di conseguenza offre una facile preda per ogni potere rivoluzionario forte e aggressivo come il comunismo”.

Pertanto per uscire da questa malattia spirituale del nostro mondo occidentale, “è essenziale recuperare i fondamenti morali e spirituali da cui dipendono le vite sia dell’individuo che della cultura: far comprendere all’uomo medio che la religione non è una pia finzione che non ha nulla a che fare con le vicende della vita, ma che riguarda le cose reali, che è di fatto il sentiero verso la realtà e la legge della vita”. Per il nostro scrittore, “questo non è un compito facile”, visto che la nostra società considera più reali i personaggi del cinema, dei fumetti che del Vangelo.
Tuttavia la Chiesa cattolica secondo Dawson ancora svolge un ruolo determinante, bisogna evitare però che il divario con la cultura secolare diventi sempre più ampio, per incomprensione o repulsione. Pertanto per Dawson non è sufficiente che i cattolici conservino “un alto livello di pratica religiosa all’interno della comunità cattolica: è necessario anche costruire un ponte di comprensione all’esterno, nella cultura secolare, e agire come interpreti della fede cristiana verso il mondo esterno alla Chiesa”. E un compito che devono fare i laici cattolici, non tanto il clero o gli ordini religiosi. Ogni cattolico convinto della verità della propria religione deve farsi carico di interpretare e di comunicare questa fede, ma anche smascherare le false accuse che il mondo moderno solleva nei confronti della Chiesa.

E’ un lavoro difficile, perché la moderna cultura secolarizzata è divenuta un mondo chiuso; oggi,scrive Dawson, tutte le strade sono chiuse per ignoranza, pregiudizio o trascuratezza. Nel passato, invece, c’era la cultura cristiana che faceva da medium nella società. Ora queste strade devono essere riaperte “mediante l’azione spirituale e intellettuale di cattolici che lavorino ognuno nel proprio campo verso il fine comune: proprio qui è di tanta importanza l’opera del cattolico colto”. Dawson individua “un apostolato dello studio proprio come un apostolato dell’azione e della preghiera”.

A questo punto lo scrittore inglese afferma una verità fondamentale, soprattutto per il nostro tempo: “la cultura cristiana non è la stessa cosa della fede cristiana, ma è solo attraverso il medium della cultura che la fede può penetrare la civiltà e trasformare il pensiero e l’ideologia della società moderna”.
La cultura cristiana fa bene all’individuo ma anche alla società. Pertanto, “il contributo del cristianesimo alla cultura non è dunque puramente l’aggiunta di un nuovo elemento religioso: è il processo di ricreazione che trasforma l’intero carattere dell’organismo sociale. Esso – scrive Dawson – infrange il mondo chiuso ed egocentrico della cultura secolarista e conferisce alla società umana un nuovo scopo spirituale che trascende gli interessi in conflitto dell’individuo, della classe e della razza”.
Chiaramente la soluzione cristiana “appare a prima vista imperfetta, se paragonata alle ideologie e alle utopie secolari che offrono agli uomini tutto e subito a condizione che si sottomettano totalmente al loro controllo. In realtà, però, queste ideologie aumentano unicamente le divisioni sociali e i conflitti del mondo moderno e, invece di creare un’utopia, affondano solo sempre più l’umanità nella schiavitù e nella guerra”. Al contrario, “il cristianesimo, non offre alcuna panacea immediata per la complessa malattia del mondo moderno. Ha l’eternità davanti a sé e può permettersi di prendere tempo”.
Chiudendo il suo lavoro, Dawson è consapevole che occorre riformare il sistema d’istruzione superiore, che non ignori la componente spirituale nella cultura e nella psiche umane, anche se è un cammino lungo. Sapendo che il vuoto spirituale della moderna cultura occidentale sta mettendo in pericolo la sua stessa esistenza, pertanto per Dawson, “è dovere del pedagogista farlo rilevare e mostrare come questo vuoto è stato riempito in altri tempi e in altre culture. Il pedagogista cristiano può però fare molto di più di questo, poiché è pienamente consapevole della realtà dell’ordine spirituale ed è un testimone vivente dei valori spirituali su cui fu fondata la nostra civiltà”.
In conclusione si può scrivere che la posizione dell’insegnante cristiano resta difficile, non tanto quando opera nel piccolo mondo separato del college confessionale, ma soprattutto è più difficile se opera nell’istruzione pubblica, “costretto dalle condizioni del suo lavoro a trattare le questioni spirituali vitali come se fossero al di fuori della sua sfera di competenza”. Eppure per Dawson, “è il solo uomo in condizione di colmare l’abisso fra il mondo privato della fede religiosa e dei valori spirituali e il mondo pubblico della tecnologia, del positivismo scientifico e del conformismo sociale”.

 

S. Teresa di Riva ME, 2 gennaio 2015
S. Basilio e Gregorio dottori.                                          DOMENICO BONVEGNA

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