MARIA CRISTINA DI SAVOIA UNA GIOVANE REGINA IMPRENDITRICE PER IL REGNO DI NAPOLI.

MARIA CRISTINA DI SAVOIA, “LA REGINELLA SANTA”.

Il 3 giugno scorso ho seguito in streaming una conferenza di Marco Albera dalla sede di Alleanza Cattolica di Torino sulla figura della beata Maria Cristina di Savoia, che verrà, tra breve, beatificata da papa Francesco, che ha così coraggiosamente sbloccato una causa a lunga rallentata da questioni di pressioni politiche. Certo è imbarazzante, e non è facile al giorno d’oggi beatificare una sovrana, moglie di un re. “Non ci si può nascondere – ha detto Marco Albera – che la causa di beatificazione di Maria Cristina era ferma da decenni per le obiezioni di storici secondo i quali proclamare beata la moglie del re delle Due Sicilie Ferdinando II (1810-1859) e la madre del suo successore Francesco II (1836-1894),due bestie nere del Risorgimento, sarebbe stato uno schiaffo alla retorica risorgimentale italiana”.

È forse questo il motivo per cui abbiamo dovuto aspettare il 2013 per conoscere la straordinaria figura di una giovane donna, santa, politicamente corretta, regina e moglie di re Ferdinando II. Già questo basta e avanza per polemizzare con la cosiddetta cultura ufficiale che è stata, e, purtroppo, è ancora diffusa dai vari sistemi politici degli ultimi centocinquant’anni.

Ma chi era Maria Cristina di Savoia? A questa domanda potrebbe rispondere un ottimo libro che ho finito di leggere proprio alla vigilia della mia partenza per Milano. Si tratta di “Maria Cristina di Savoia. Figlia del Regno di Sardegna, regina delle Due Sicilie”, scritto a quattro mani da Mario Fadda e Ilaria Muggianu Scano, Arkadia editore (Cagliari, 2012, pp. 258, e.17).

Il libro è ricco di documenti, di informazioni e di testimonianze che arrivano a raccontare anche i particolari. Numerosi sono i carteggi, epistolari, letti e citati dai due autori che con osservazioni acute e ben dettagliate, e forse con una eccessiva scrupolosità, li presentano ai lettori. “Ogni fonte gode per noi – scrivono gli autori – di un’autorevolezza da non ignorare, tanto più che per andare dentro la storia occorre conoscerne ogni aspetto”.

Nella prima parte i due autori descrivono la vita trascorsa dalla giovane Maria Cristina in Sardegna, a Cagliari (per tre anni), dove è nata il 14 novembre 1812, figlia del re di Sardegna Vittorio Emanuele I (1759-1824), strenuo oppositore della Rivoluzione francese e del liberalismo, e dell’arciduchessa d’Austria Maria Teresa d’Asburgo-Este (1773- 1832), che condivideva le idee contro-rivoluzionarie del marito ed è passata alla storia del regno di Sardegna come una delle regine più risolute.
Secondo Fadda e Muggianu Scano,
“(…)l’affascinante figura della ‘ più moderna principessa dell’ancien regime’, non può sfuggire che il triennio sardo si era impresso nelle profondità più remote della sua psiche infantile, e vi rimarrà per sempre”. Mai si è affievolito l’affetto materno verso la “reginella santa” che ebbe la città di Cagliari. Significativi sono i festeggiamenti che nell’intero mese di novembre del 1912, a cento anni dalla sua nascita, gli hanno dedicato i sardi. “Le celebrazioni religiose per il centenario della nascita della regale concittadina raccolsero una folla oceanica, inconsueta per la Cagliari dell’epoca; uno scenario che potremmo paragonare, a buon diritto, agli incontri che la Storia della Chiesa recente registrò per il santo frate di Pietrelcina”. In quei giorni i cagliaritani poterono esultare perché “sono patria di una regina, sono patria di una santa”. Fin dai primi anni della sua vita, la principessa Maria Cristina, dimostrò doti d’animo, di bontà, di fede e di carità cristiana. A corte, tutti dicevano che, “non abbiamo una principessa ma un angelo”.

Maria Cristina ha dovuto faticare molto per accettare l’offerta di matrimonio dei vari re del tempo, ben otto pretendenti, un primato mondiale, il suo intento era di farsi monaca. Carlo Alberto e il suo padre spirituale, padre Terzi, hanno faticato molto per distoglierla da quel proposito. “Suora o moglie?”, era un quesito, che perseguitò per qualche tempo la nostra Maria Cristina, conosciuta come un mito nelle varie corti europee. Sua mamma addirittura per qualche tempo vietò che circolassero le sue immagini, ma la fama della principessa era esplosa durante le celebrazioni dell’Anno Santo a Roma.

Cosa c’era di così speciale nell’aspetto fisico della principessa?”, si chiedono Fadda e Muggianu Scano. Innanzitutto l’altezza, sul metro e settanta centimetri, all’epoca decisamente fuori dalla norma per una donna”.

Il 21 novembre 1832 Maria Cristina si sposa con Ferdinando II re delle Due Sicilie, è il sì dell’obbedienza, che viene raccontato nei minimi particolari dagli autori del testo, nel VII capitolo, I primi giorni di Napoli. Sia la data che il luogo scelto avevano un significato particolare per Maria Cristina, “il 21 novembre ricorre la presentazione di Maria Santissima al Tempio; questa disposizione intendeva essere una chiara invocazione di protezione rivolta alla Madonna da parte della fidanzata reale”. La chiesa era ubicata in Voltri, in una vallata raccolta e silenziosa, lontana dalla rumorosa città di Genova.

A questo punto è interessante raccontare la vita di regina della giovane Maria Cristina di Savoia, “si disse ben presto che quel matrimonio, voluto per ragioni politiche, – scrivono i due autori del libro – non fosse felice, per gravi dissidi che Maria Cristina avrebbe avuto con i familiari del marito e per le profonde divergenze di carattere e di educazione che la dividevano dal meno sofisticato Ferdinando”. Ma per Fadda e Muggianu Scano sono, “voci che, tuttavia, non trovano conferma nella corrispondenza della sovrana che si fece subito benvolere per i suoi frequenti atti di carità e generosità verso i poveri, per il suo stile di vita semplice e casto, per l’esemplarità della condotta religiosa. La sua esistenza quotidiana era divisa tra i momenti di preghiera e l’impegno sociale: il popolo napoletano nutrì per lei grande affetto e, ancora in vita, la chiamò ‘la reginella santa’.

Bisogna avere un po’ di onestà storica, per capire che queste dicerie “divennero aneddoti in epoca post-risorgimentale, quando, anche tra gli studiosi, era quasi d’obbligo ridicolizzare la detronizzata dinastia borbonica, per proteggere l’Unità d’Italia, ma anche per rendere omaggio ai trionfanti Savoia”.

Il libro di Fadda e Muggianu Scano riesce a fare giustizia della straordinaria figura della regina e santa Maria Cristina. Infatti, è proprio “negli anni napoletani che si gusta l’esplodere della sapienza combinatoria di Maria Cristina; sbocciano in lei le tante donne che è diventata: al chiuso poetessa e mistica, all’aperto regina sagace imprenditrice, catalizzatrice di tante istanze sociali”.

Certo Ferdinando II era molto diverso dalla sua sposa, chiassoso, si conteneva a fatica, a volte era anche un po’ volgare, ma mai è esploso in maltrattamenti o atti scorretti. Maria Cristina vive tutto con pazienza e serenità, anzi scrivendo al cognato Francesco d’Austria d’Este, afferma: “non credevo mai che si potesse essere così felici: l’unica pena che ho e che mi opprime è quella di essere regina”.

MARIA CRISTINA DI SAVOIA GIOVANE REGINA ANIMATRICE E IMPRENDITRICE DEL SOCIALE.

Il volume sulla prossima beata Maria Cristina di Savoia, dei due studiosi sardi, Mario Fadda e Ilaria Muggianu Scano, “Maria Cristina di Savoia. Figlia del regno di Sardegna, regina delle due Sicilie” edito da Arkadia di Cagliari, in questi giorni, è stato distribuito insieme al quotidiano l’Unione Sarda, un estratto del volume). Inoltre il 5 settembre gli autori del testo, hanno ricevuto da Sua Eminenza il Cardinale Crescenzio Sepe una lettera d’incoraggiamento e di stima per la loro pubblicazione sulla beata.

E’ l’ottavo capitolo, “Ora et labora”, che sintetizza bene l’aspetto sociale e imprenditoriale, forse poco conosciuto, della vita di Maria Cristina. La regina non fu mai oziosa, ogni minuto di tempo lo spendeva utilmente. “Posso dire che io mai l’ho veduta oziosa, neanche un momento, ma sempre occupata in qualche cosa”, scrive Luigi Sorgente.

Maria Cristina ebbe, “uno spiccato piglio manageriale, – scrivono gli autori – arriverà a teorizzare dei veri e propri piani caritativi per ottimizzare la possibilità di giovare ai più bisognosi del Regno”. Organizzò una gerarchia di interventi con piani controllati da persone di fiducia, “per conoscere le necessità delle famiglie e delle persone”, avvalendosi in particolare di due parroci. Nello stesso tempo, la regina verificava di persona con precisione, lo stato dei supplicanti, attraverso visite a domicilio, soprattutto in caso di malattie. Cristina attuava una “elemosina ragionata (…)il suo modo di fare era piuttosto delicato, evitava in tutti i modi di umiliare(…)”. A fine mese, a rotazione, presso le dodici province del Regno, la regina riuscì a far pervenire, la somma fissa di 4.000 scudi. A padre Terzi, Cristina dava 500 scudi al mese per i poveri. Dalla ricognizione testamentaria della reginella, pare che in tutta la sua vita abbia devoluto una cifra pari a un milione di euro odierni.

La regina di Napoli attuò una “politica di fede”, che intendeva rivoluzionare la beneficenza ottocentesca che si esauriva nei lasciti, Cristina pensava invece al futuro dei bisognosi, cercando di dargli un lavoro, una casa più vivibile, un’educazione e, ovviamente, di ‘convertirli’ alla religione cristiana. Pertanto “Cristina per innescare un meccanismo solidale di operosità fondò pure un laboratorio per la fabbrica di letti e altri mobili all’interno del monastero di San Domenico Soriano”. E a quanti criticavano la sua operosità, la regina rispondeva che “il mio studio è quello di rendere felice il popolo per fare amare il Re”. Fadda e Muggianu Scano hanno calcolato che i tre anni vissuti da regina di Napoli, complessivamente ha ricevuto 80.100 ducati, di questi ne ha investiti ben 54.000 in carità.

L’iniziativa gioiello della regina è la seteria di San Leucio, è una “vera e propria impresa manageriale in cui Cristina investì maggiormente, dando fondo anche alle sue rendite dotali”.

Nella seteria la regina fissò delle regole per la vita in comune dei lavoratori, “alcune norme straordinariamente avanzate hanno fatto parlare certi storici di ‘comunismo’ borbonico: eguali diritti ereditari per uomini e donne, libertà assoluta per i giovani di contrarre matrimonio senza il consenso dei genitori, istruzione obbligatoria, una casa per gli orfani, una magistratura elettiva, una serie di attività e risorse con una gestione ‘collettivizzata’”. Cristina capì che bisognava investire nella seteria per dare risposte immediate alla povertà. Lei stessa si impegnò in prima persona a comprare i gelsi per l’allevamento dei bozzoli. Ha ristrutturato i locali, rendendoli più comodi e agibili, fece in modo che gli strumenti di lavoro fossero efficienti e nuovi per garantire minor fatica per i lavoratori. “Procurò per questo motivo impianti tessili di ultima concezione facendoli arrivare dalla Francia e dal Belgio, con grande acume istituì degli stage ante litteram in cui, operai e periti tessili di Lione, sempre a sue spese, potessero impartire lezioni teorico-pratiche ai suoi operai, per assicurarsi che i manufatti dei suoi sudditi potessero godere di un reale mercato”.

La regina aveva un forte senso del bene pubblico, privilegiava i sistemi lavorativi meno faticosi, non limitandosi a dare un salario ai suoi sudditi, ma soprattutto il suo piano intendeva restituire la dignità di uomini ai lavoratori. Nel descrivere l’operosità di Maria Cristina, sono rimasto totalmente conquistato e penso a tutti quegli utopisti imbevuti di ideologia liberal socialista, che in quel periodo già iniziavano a progettare sulla carta i cambiamenti economici, senza risolvere alcunché, invece Cristina assomiglia molto a quella schiera di santi piemontesi come Don Bosco, il Cottolengo, il Faa di Bruno, che di problemi ne hanno risolto tantissimi.

La sovrana di Napoli concretamente si è rimboccata le maniche, partendo dalla realtà. “Come se facesse quel mestiere da una vita intera – scrivono Fadda e Muggianu Scano – la giovane seguiva con perizia l’intero ciclo produttivo, dall’estrazione della seta dai bozzoli, mediante le macchine ad acqua, alla trattazione dei tessuti, fino alla realizzazione dei prodotti richiesti, come elementi di tappezzeria, tendaggi, paramenti sacri e abiti”.

Aprì anche due punti vendita per i manufatti nel centro di Napoli, uno all’ingrosso e uno al minuto. La grande intelligenza della sovrana non si limitava soltanto agli aspetti tecnici, ma con “spirito avanguardistico rese l’attività della seteria una vera antesignana della moda modernamente concepita dal sistema italiano”. Ricordano gli autori del libro che la regina teneva un inviato a Parigi, così quando usciva una nuova moda, ossia un disegno di drappo, ne mandava il campione a Napoli.

Addirittura “la regina si rese testimonial dei prodotti di San Leucio, diffondeva i manufatti facendone dono a corte e fuori, e questi ‘erano giunti a tanta stima che venivano ricercati anche all’estero’”. In pratica Cristina, anche se non le condivideva, sfruttò le occasioni di mondanità del suo tempo, perché diventassero possibili pubblicità per l’attività della seteria. “Il suo atteggiamento – scrivono Fadda e Muggianu Scano – in tutto simile allo scaltro piglio di un’odierna dirigente d’azienda,(…) si pensi che si occupava personalmente di scartare i pezzi che portavano il seppur minimo difetto, affinché non si intaccasse il buon nome della seteria”.

La regina era attenta ai bisogni delle donne e delle famiglie, ogni sua decisione era mossa sempre da una forte motivazione religiosa. E proprio qui sta il miracolo della sua vita, incontrando Gesù Cristo, è riuscita a dare le giuste risposte ai bisogni concreti della gente. Fondò diversi istituti e rifugi, come quello dell’Addolorata, per accogliere le prostitute. Nessuna condanna moralistica, anzi si dimostrava più vicina ai loro bisogni. A Palermo che la chiamarono “la reginella santarella” realizzò l’istituto per sordomuti, come quello di Napoli. Dei tre anni intensi di attività di Cristina , c’è soltanto da sorprendersi per la sua eccezionalità nel mettere in atto quel “tante donne”, altro che bigotta come hanno scritto certi suoi detrattori. E penso anche a quello che poteva realizzare se non finiva così presto la sua vita terrena.

E’ desolante che la storiografia ufficiale, abbia in questi decenni ignorato una personalità così ricca e intraprendente, certo, “forse potrà sembrare difficile accettare una regina come modello di santità, – scrivono gli autori del libro – perché non tutti riusciamo a comprendere come si possa raggiungere la perfezione cristiana vivendo in una reggia, tra tanti agi e onori”. Ma il Vaticano II insegna che, “la santità può conseguirsi ‘nei vari generi di vita e nei vari uffici’ (LG n.40). Di conseguenza la beata Maria Cristina, rappresenta per la Chiesa di oggi, “un messaggio divino, sia per le persone altolocate, che per quelle socialmente umili, in modo particolare è un esempio per le donne”. 

LA BEATA MARIA CRISTINA, LA REGINA CHE UNISCE I SAVOIA E I BORBONI.

Il 25 gennaio scorso a Napoli nella Chiesa di S. Chiara si è svolta la solenne cerimonia di beatificazione di Maria Cristina di Savoia, Regina del Regno delle Due Sicilie,

alla presenza di S. E. Rev,ma cardinale Crescenzio Sepe, nello stesso giorno a Palermo, nella suggestiva e storica Cappella Palatina di Palermo, S. E. Rev.ma cardinale Paolo Romeo presiedeva un Te Deum di ringraziamento per la novella Beata.

Per l’occasione è nato in Sicilia il “Comitato Beata Maria Cristina di Savoia Regina delle Due Sicilie” di Palermo che ha prodotto un volumetto edito da ISSPE (Istituto Siciliano di Studi Politici ed Economici), autori Tommaso Romano e Antonino Sala, con contributi di don Andrea Di Paola, di Umberto Balistreri e Andrea Aldo Benigno.

Il bisogno di Dio, è una necessità innata e universale dell’uomo”, scrive don Di Paola. I Santi come gli alberi che profondamente radicati in terra svettano alti verso il cielo, così la beata Maria Cristina, che papa Pio XI con un Decreto Pontificio il 6 maggio 1937 ne proclamò le “eroiche virtù”, additandola a tutti i fedeli “quale luminoso modello da imitare nell’adempimento della Vocazione cristiana che Ella, ha saputo mirabilmente vivere da sposa e da sovrana, ponendo sempre alla base di ogni sua parola e di ogni suo gesto la carità verso tutti”.

Coniugare la regalità e la santità, sembra un privilegio del passato, scrive il professore Romano. Invece non è così, se il Santo Padre Francesco ha voluto innalzare Maria Cristina di Savoia Regina delle Due Sicilie (Cagliari, 1812 – Napoli, 1836), quale Beata della Chiesa Cattolica, Apostolica e Romana e, quindi come esempio di Virtù Cristiana, per il pubblico culto universale. La nuova Beata, -per Romano – racchiude e propone un cristiano modello, uno stile di esistenza, il sacrificio della vita ancor giovane alla morte, con perfetta adesione al Suo stato di nascita, all’assunzione della regalità nell’antico Regnum Siciliae e, al suo tempo. Cristianissimo Regno delle due Sicilie, allora governato dal Re Ferdinando II che, grazie al matrimonio, diede il sospirato Erede al Regno, l’ultimo e sfortunato sovrano, ma pio e religiosissimo, Francesco II”.

La Reginella santa”, come subito fu proclamata dal popolo delle Due Sicilie, vede nel volto del povero, del perseguitato, del condannato, del malato, come l’immagine di Gesù Cristo piagato, crocifisso, umiliato. In questa ”unione anzitempo fra le due Casate che erano italiane e, quindi mediterranee, nella secolare cultura, nella pratica della lingua, nella bellezza, nello stesso credo religioso”, il professore Romano vede compiersi attraverso la regina Maria Cristina di Savoia, senza però i successivi giacobinismi della conquista, quell’unione italiana che si è compiuta nei decenni successivi. Qui però, occorre precisare che ci sono ancora oggi, forti correnti nostalgiche del legittimismo borbonico che rifiutano questo accostamento, tra l’altro ho ricevuto una mail di un lettore che criticava proprio questo accostamento.

In molti ignorano la storia identitaria e spirituale di queste antiche famiglie, dei Savoia e Borbone. La famiglia di Maria Cristina, è colma di figure straordinarie: da Umberto Biancamano ad Eugenio di Savoia, che salvò l’Europa dall’invasione turca. La “Reginella Santa” unisce queste famiglie. Ella è erede diretta di ben altri cinque beati della Sua Casa, e di altri venerabili.

Dunque la regalità non esclude la santità, del resto, abbiamo tanti esempi nella Storia bimillenaria della Chiesa, di re e regine santi. Questo non lo possiamo dimenticare, lo ha ricordato il venerabile Pio XII nelle Allocuzioni al patriziato ed alla Nobiltà, la cui mirabile esegesi la si deve al pensatore controrivoluzionario brasiliano Plinio Correa de Oliveira nel suo volumeNobiltà ed elites tradizionali analoghe”. Tutti possono raggiungere la santità, afferma il Concilio Vaticano II, “nei vari generi di vita e nei vari uffici…” Tommaso Romano ricorda come la giovane regina utilizzava il proprio denaro per donarlo ai poveri, perfino quello destinato ai festeggiamenti delle nozze, ne destinava regolarmente ogni mese 4.000 scudi. Non si possono dimenticare le numerose opere sociali di Maria Cristina, in un mio precedente intervento l’ho definita, “una regina animatrice e imprenditrice del sociale”. E’ celebre il suo impegno per rilanciare la Seteria di San Leucio, dove lavoravano oltre 300 donne, un’impresa economica d’avanguardia, dove le famiglie avevano casa, lavoro, una chiesa ed una scuola obbligatoria.

Romano è convinto che la proclamazione della beata Maria Cristina, sarà utile per riscattare l’umanità attuale “dallo stato di pericolosa anestesia, facendo riscoprire la bellezza dell’autentica regalità intesa anzitutto come nobiltà dello Spirito, come cavalleresco aiuto al prossimo, come evangelizzazione e conversione”.

La seconda parte del volume, Antonino Sala, fa una breve biografia della giovane regina. Il credo cattolico di Maria Cristina, non fu “un sentimento, ma un fatto di vita: ogni giorno assistette alla Santa Messa; non giunse mai al tramonto senza avere recitato il Rosario; suoi libri quotidiani furono la Bibbia e l’Imitazione di Cristo; partecipò intensamente agli esercizi spirituali; fermò la carrozza, ogni qualvolta incontrasse il Santo Viatico per via e si inginocchiò anche quando vi fosse fango, in cappella tenne lungamente lo sguardo sul Tabernacolo per meglio concentrarsi su Colui ch’era padrone del suo cuore…”

Sala fa riferimento al caso della sig.na Maria Vallarino, che invocando la giovane regina Maria Cristina, guarisce miracolosamente da una malattia grave al seno. Il libro si chiude con alcune preghiere significative in onore e devozione della regina delle Due Sicilie. In ultimo gli autori fanno riferimento a una bibliografia essenziale per conoscere Maria Cristina, c’è il libro di Mario Fadda e Ilaria Muggianu Scano , “Maria Cristina di Savoia”, edito da Arkadia, e con mio sommo piacere due miei interventi sulla regina, pubblicati da Il Corriere del Sud di Crotone.

 

Rozzano MI, 21 febbraio 2014                                               DOMENICO BONVEGNA

                                                                                           domenico_bonvegna@libero.it

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